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Se le medaglie vanno ai responsabili di Marzabotto

Tra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944, sull’Appennino, bolognese si è consumata la «più efferata e più grande [strage] compiuta dalle SS naziste in Europa» (N.S. Onofri[icon name=”external-link” class=”” unprefixed_class=””]), nota come strage di Marzabotto o, più correttamente, eccidio di Monte Sole (a sottolineare che i rastrellamenti hanno interessato le popolazioni montane dell’intera area). Lo scorso marzo, questi eventi sono tornati d’attualità a seguito della decisione del sindaco di Engelsbrand (nella regione del Baden-Württemberg) di conferire una medaglia al merito all’ex sottufficiale delle SS responsabile dell’eccidio. Il superstite, infatti, dopo la guerra è tornato a vivere nella sua cittadina d’origine e si è distinto per la partecipazione alla vita politica locale. Come ci spiegano Dietmar Lange (Storie in Movimento) e Giulia Ross, infatti, il nazista Kusterer non solo è stato per 22 anni un esponente del consiglio comunale iscritto alla Spd (il partito socialdemocratico tedesco!) – cosa che i media italiani si sono ben guardati dal mettere in rilievo – ma anche che il mito di una Germania che ha fatto i conti col passato nazista mostra, alla prova della mancata persecuzione dei crimini di guerra, il suo essere una costruzione totalmente artificiale. Noi li ringraziamo per questo prezioso contributo da loro interamente tradotto e ve lo proponiamo nei giorni del 72° anniversario.

Sacrario_particolare

Sacrario (particolare, dic 2011)

«Un chiarimento penale […] non ha avuto luogo principalmente per motivi politici». Giustizia e crimini di guerra in Germania.

di Dietmar Lange e Giulia Ross

Il processo di rielaborazione del passato nazionalsocialista in Germania gode di una generale approvazione, tanto da assurgere a vero e proprio modello. Senza dubbio, negli ultimi tre decenni, molti aspetti della storia della società tedesca durante il periodo nazista sono stati oggetto di approfondite ricerche, specie in relazione ai crimini del regime contro l’umanità. Monumenti, commemorazioni pubbliche e orazioni in parlamento che insistono sui tempi bui del passato recente, infatti, costituiscono una componente fondamentale e imprescindibile degli indirizzi storiografici ufficiali e della cultura del ricordo in Germania[ref]1. Negli ultimi anni, oltre a diverse istituzioni, molte aziende ed imprese hanno aperto i propri archivi agli storici, cfr. Peter Reichel, Harald Schmid e Peter Steinbach (a cura di), Der Nationalsozialismus – Die zweite Geschichte. Überwindung – Deutung – Erinnerung, Bundeszentrale für politische Bildung, 2009.[/ref]. E per di più, questa nuova immagine della nazione è stata ed è motivo di strumentalizzazione politica. Il più famoso e allo stesso tempo macabro esempio di ciò è rappresentato dall’ex ministro degli Esteri Josef Fischer, del partito dei Verdi, che nel 1999 giustificò l’intervento in Jugoslavia proprio in virtù degli “insegnamenti” di Auschwitz.

Per questo ed altri episodi simili, voci critiche hanno parlato di una «trasformazione della politica del passato in strumento di autolegittimazione morale»[ref]2. «Wandel deutscher Vergangenheitspolitik zu einem Instrument moralischer Selbstlegitimation», in Redaktion Antifaschistisches Infoblatt, Politisch profitable Geschichtspolitik. Anmerkungen zur Debatte um die NS-Vergangenheit des Auswärtigen Amts, 7 aprile 2016 (http://bit.ly/2ddraRy).[/ref], il che è diventato oggi ancor più facile in quanto i carnefici di allora sono per lo più morti e le élite politiche, economiche e militari non hanno più ragione di temere le pesanti conseguenze di affermazioni di quel tenore. Anche per quanto riguarda le vittime e le richieste di risarcimento si punta ormai sul trascorrere del tempo[ref]3.  Così il titolo di un recente libro (dal tedesco letteralmente «gioco sul tempo») nel quale le autrici descrivono le lodate riparazioni come mito, in quanto la maggior parte dei perseguitati del regime nazista non ha ricevuto nessun indennizzo, cfr. Nina Schulz e Elisabeth Mena Urbitsch, Spiel auf Zeit. NS-Verfolgte und ihre Kämpe um Anerkennung und Entschädigung, Assoziation A, 2016.[/ref], nella speranza che la tematica passi lentamente sotto silenzio. Nonostante ciò, di tanto in tanto, il passato irrompe inaspettato nel presente e rende visibili gli angoli oscuri della rielaborazione del passato nazista, come è da poco successo con lo scandalo relativo all’ex sottufficiale delle SS Wilhelm Ernst Kusterer.

Il caso Kusterer nei media tedeschi

Kusterer è stato condannato nel 2008 dal tribunale militare di La Spezia per la sua partecipazione all’eccidio di Monte Sole – in passato più noto come strage di Marzabotto – durante il quale, fra il settembre e l’ottobre del 1944, almeno 770 civili (tra cui molte donne e bambini) vennero brutalmente uccisi da unità di SS e della Wehrmacht. Tuttavia, la condanna in contumacia non è riconosciuta dall’ordinamento giuridico tedesco e Kusterer, come molti altri criminali nazisti condannati all’estero prima di lui, non è stato mai estradato. Nel marzo 2016 ai discendenti delle vittime di Marzabotto non è sfuggito un articolo di giornale in cui si riportava che il comune di Engelsbrand aveva insignito Kusterer di un medaglia d’onore per particolari meriti sociali e in quanto membro di lunga data del consiglio comunale della cittadina all’interno del partito socialdemocratico (Spd). In Italia questa notizia ha scatenato un’ondata di indignazione che è ovviamente giunta fino in Germania. Il caso ha avuto una particolare risonanza nei media tedeschi di carattere locale e regionale ed è stata poi ripresa da alcuni giornali nazionali e qualche trasmissione del servizio pubblico radiotelevisivo[ref]4. Così su: «Pforzheimer Zeitung», 8 marzo 2016, «Badische Zeitung», 9 marzo 2016, «Tagesspiegel» di Berlino, 9 marzo 2016 e, infine, su «Spiegel-online» Hans-Jürgen Schlamp, SS-Massaker von Marzabotto: Ein Ehrenbürger und sein dunkles Geheimnis, 9 marzo 2016 (http://bit.ly/2dtBz98). La radio regionale SWR ha inoltre dedicato una trasmissione al caso Kusterer, 16 marzo 2016 (http://bit.ly/2cGPiOl), così come il telegiornale «Kontraste», 31 marzo 2016 (http://bit.ly/2dFQizj).[/ref].

Ad ogni modo, le critiche interne e quelle provenienti dall’Italia hanno alla fine costretto alla restituzione della medaglia.

Rosenau-Kusterer

Il sindaco di Engelsbrand (destra) e Wilhelm Kusterer.

Intanto, i giornali tedeschi hanno parlato dello stupore del sindaco di Engelsbrand, il quale ha dichiarato di non sapere nulla dell’oscuro passato del vecchio sottufficiale nazista. Eppure, come ha ben evidenziato il corrispondente da Roma di uno dei più grandi giornali tedeschi – Hans Jürgen Schlamp dello «Spiegel» – il vero colpevole di questa erronea decorazione è la giustizia tedesca, non tanto il sindaco della cittadina del Baden-Württemberg. La procura tedesca, infatti, da tre anni indagava su Kusterer senza risultato, benché tutte le prove utilizzate dai tribunali italiani fossero a completa disposizione[ref]5. Hans-Jürgen Schlamp, Kriegsverbrecher als Ehrenbürger: Skandal von Engelsbrand belegt Versagen der Justiz, 10 marzo 2016 (http://bit.ly/2djAZgx).[/ref]. Questo ennesimo caso ci permette ancora una volta di fare luce sul comportamento della giustizia tedesca verso i crimini di guerra perpetuati dalle truppe naziste; una luce che però getta più di qualche ombra sull’immagine vigente di una società tedesca pentita e consapevole del proprio passato.

I crimini di guerra e la loro persecuzione in Germania

La lista di crimini delle forze armate tedesche è lunga e non inizia di certo con il nazionalsocialismo. Nel 1904 le truppe coloniali tedesche spinsero il popolo ribelle degli Herero nel deserto dell’Africa tedesca del sud-ovest dando inizio al primo genocidio del XX secolo[ref]6. Cfr. Reinhard Kößler e Henning Melber, Völkermord und Gedenken. Der Genozid an den Herero und Nama in Deutsch-Südwestafrika 1904-1908, in Irmtrud Wojak e Susanne Meinl (a cura di), Völkermord und Kriegsverbrechen in der ersten Hälfte des 20. Jahrhunderts, Campus, 2004, pp. 37-77.[/ref]. Durante la Prima guerra mondiale, nel corso dell’avanzata in Belgio, Francia e Polonia, i soldati tedeschi portarono a termine veri e propri massacri di civili successivamente negati o giustificati come forma di lotta ai cosiddetti Franktireurs[ref]7. Col termine «Franktireurs» sono stati indicati in origine i partigiani francesi nella guerra Franco-prussiana del 1870-71. Nella Prima guerra mondiale molto spesso il “fuoco amico” ha gettano nel panico le truppe tedesche, tanto da far utilizzare di nuovo il termine, cfr. John Horne e Alan Kramer, Deutsche Kriegsgreuel 1914. Die umstrittene Wahrheit, HIS Verlagsgesellschaft, 2004.[/ref]. Subito dopo la guerra, cioè durante i tentativi rivoluzionari del 1919-20, gli eccessi di violenza non cessarono, questa volta diretti contro il “nemico interno”. Nelle roccaforti rivoluzionarie, infatti, migliaia di persone vennero uccise – solitamente dopo la fine dei combattimenti – dai Freikorps, i gruppi paramilitari che misero fine alle diverse rivolte insurrezionali[ref]8.Questi avvenimenti costituiscono fino ad oggi uno dei capitoli dimenticati della storia tedesca. A Berlino nel marzo 1919, durante i combattimenti contro soldati e lavoratori rivoluzionari, il ministro della difesa socialdemocratico Gustav Noske rilasciò un’ordinanza che disponeva l’uccisione degli insorti fatti prigionieri. L’ordine venne allargato autonomamente da parte dei gerarchi militari a tutti coloro trovati in possesso di armi. Come conseguenza, si ebbero esecuzioni di massa durante le perquisizioni nei quartier proletari. I conflitti in Baviera e nella Ruhr vennero gestiti in maniera simile. L’ordine di Noske può essere considerato un anticipatore del «Kommissarbefehl» di Hitler durante la seconda guerra mondiale, ordinanza che disponeva l’uccisione di commissari politici e funzionari comunisti fatti prigionieri durante la guerra contro l’Unione Sovietica, cfr. Dietmar Lange, Massenstreik und Schießbefehl. Generalstreik und Märzkämpfe in Berlin 1919, edition assemblage, 2012, pp. 124 ss.[/ref]. I Freikorps furono inoltre d’esempio per le SS e la Wehrmacht, per i quali l’utilizzo eccessivo e sistematico della violenza nel contesto di operazioni di pulizia etnica e di contrasto ai partigiani – dapprima nell’Europa dell’Est e poi nei Balcani, in Italia e in Francia – assunse dimensioni tali che le popolazioni di interi paesi caddero vittima di azioni di sterminio[ref]9. Cfr. Wolfram Wette, Die Wehrmacht. Feindbilder, Vernichtungskrieg, Legenden, S. Fischer, 2002. Per l’Italia cfr. Gerhard Schreiber, Deutsche Kriegsverbrechen in Italien. Täter, Opfer, Strafverfolgung, Beck 1996, ma anche il rapporto finale della commissione italo-tedesca: Bericht der von den Außenministern der Bundesrepublik Deutschland und der Italienischen Republik am 28.3.2009 eingesetzten Historikerkommission, 18 marzo 2016 (PDF: http://bit.ly/2dxv1rd).[/ref].

Cimitero_di_Monte_Sole

Cimitero di Monte Sole (set 2010)

Considerati questi indubbi crimini di guerra, l’azione della magistratura tedesca non brilla certo per la propria partecipazione al processo di rielaborazione del passato nazista in Germania. Già i processi di Lipsia per crimini di guerra, tenutesi nel 1921 grazie alla pressione esercitata degli alleati, furono oggetto di un’ampia contro-campagna portata avanti principalmente da circoli di destra e dal ministero della Difesa del Reich, ma la cosa ebbe una certa risonanza fin nelle cerchie della socialdemocrazia e dei liberali. I processi, infatti, vennero percepiti come un attacco all’onore dell’esercito e gli accusati furono giustificati e protetti in quanto fedeli difensori della patria (Vaterland). Dei 907 processi avviati, solo nove si conclusero con sentenze definitive, delle quali cinque furono di completa assoluzione. Quattro ufficiali di grado inferiore, infine, vennero condannati a pene detentive leggere[ref]10. J. Horne e A. Kramer, Deutsche Kriegsgreuel 1914, cit., pp. 506 ss.[/ref].

La storia sembra ripetersi dopo la Seconda guerra mondiale. Quando negli anni Cinquanta i criminali di guerra furono condannati dagli alleati, nel discorso pubblico vennero eufemisticamente appellati “condannati di guerra” (Kriegsverurteilte), mentre i militari del vecchio e del nuovo esercito crearono la leggenda della “Wehrmacht pulita”, che si sarebbe comportata in modo corretto sia verso il nemico, sia verso la popolazione civile[ref]11. Nonostante gli storici dagli anni Settanta abbiano iniziato a documentare quanto grande fosse stata la partecipazione della Wehrmacht allo sterminio degli ebrei nell’Est e a svariati crimini in tutta Europa, questa leggenda ebbe lunga vita, come hanno dimostrato da ultimo le dure reazioni alla mostra “Crimini della Wehrmacht” negli anni Novanta, cfr. W. Wette, Die Wehrmacht, cit. pp. 197.[/ref]. Se si confrontano i processi per crimini di guerra celebrati nella DDR[icon name=”external-link” class=”” unprefixed_class=””] e nella Germania federale[icon name=”external-link” class=”” unprefixed_class=””], si nota non soltanto che all’ovest la cifra è di gran lunga inferiore, ma anche che le pene sono state generalmente più leggere e le assoluzioni più frequenti. Nessun membro della Werhmacht, infatti, è stato condannato dai tribunali federali. La maggior parte dei processi hanno interessato lo stesso personale di guardia dei campi di concentramento oppure i soli membri delle truppe operative delle SS e del Sicherheitsdienst (il servizio segreto delle SS), le quali erano attive principalmente nelle retrovie[ref]12. Cfr. il registro online per la documentazione dei processi a nazisti nei due stati tedeschi Justiz und NS-Verbrechen, in particolare l’elenco di processi nella Germania federale e nella DDR sotto la voce “Kriegsverbrechen” (crimini di guerra), 8 aprile 2016 (http://bit.ly/2dgejyy). Nella DDR, fino al 1975, furono portati avanti 172 processi per crimini di guerra, tra i quali molti contro soldati della Wehrmacht coinvolti in azioni di guerra ai partigiani. Di questi processi la maggioranza si concluse con l’ergastolo o addirittura con la pena di morte. Nella Germania federale fino al 2012 si contano invece 132 processi, dei quali più di un terzo si è concluso con l’assoluzione degli imputati o l’archiviazione del caso; numerosi altri con pene carcerarie leggere.[/ref].

Certamente, anche nella Germania federale ci sono stati giuristi impegnati nel condurre accertamenti per arrivare alla condanna dei colpevoli dei reati compiuti in contesto di guerra. L’Ufficio centrale della giustizia federale per le inchieste sui crimini nazisti di Ludwigsburg[ref]13. Zentrale Stelle der Landesjustizverwaltungen zur Aufklärung nationalsozialistischer Verbrechen.[/ref] ha condotto e consegnato alle procure oltre 1000 istruttorie contro membri della Wehrmacht, ma queste sono state poi quasi completamente archiviate dalle procure stesse[ref]14. Cfr. Annette Weincke, Eine Gesellschaft ermittelt gegen sich selbst: Die Geschichte der Zentralen Stelle Ludwigsburg 1958-2008, FSL, 2008.[/ref]. Ciò ha portato l’ex direttore dell’ufficio centrale a dichiarare – come abbiamo riportato nel titolo – che un reale processo di «chiarimento penale […] non ha avuto luogo [in Germania] principalmente per motivi politici»[ref]15. Alfred Streim, Saubere Wehrmacht? Die Verfolgung von Kriegs- und NS-Verbrechen in der Bundesrepublik und in der DDR, in Hannes Heer e Klaus Naumann (a cura di), Vernichtungskrieg. Verbrechen der Wehrmacht 1941-1945, Hamburger Ed., 1997, p. 593.[/ref], ovvero che un’azione penale realmente approfondita è stata di fatto politicamente avversata. Una grossa fetta dell’apparato statale tedesco era infatti composto da impiegati che avevano fatto carriera durante il regime nazista e tra questi vi era anche chi, destituiti dal proprio incarico dagli alleati, poté tornare tranquillamente al proprio posto con l’inizio della Guerra fredda e l’ottenimento della sovranità della Germania federale nel 1950[ref]16. Nel 1950 200.000 ufficiali, giudici e impiegati che sottostavano ad un divieto di lavoro degli alleati vennero riassunti grazie ad un condono del primo cancelliere Konrad Adenauer. Alcuni storici hanno definito questo atto una «renazificazione» dell’apparato di stato tedesco, dopo una breve fase di «denazificazione» dei primi anni dopo la della guerra. Furono questi stessi impiegati con un passato nazionalsocialista che negli anni Cinquanta marginalizzarono una generazione maggiormente antifascista, assunta dopo il 1945. Sono gli stessi che negli anni Settanta, a seguito del “Radikalenerlass” (un dispositivo di accertamento della fedeltà alla costituzione dei dipendenti pubblici, emanato dopo il 1968 principalmente contro la sinistra), ebbero il ruolo di valutare lo «spirito democratico» degli aspiranti impiegati statali, cfr. Dominik Rigoll, Staatsschutz in Westdeutschland. Von der Entnazifizierung zur Extremistenabwehr, Wallstein, 2013.[/ref].

Dietro le quinte, un influente gruppo di politici, giuristi e agenti dei servizi segreti ebbe così modo di lavorare per impedire una effettiva persecuzione dei criminali nazionalsocialisti. Nel 1968 si arrivò addirittura alla prescrizione del concorso in omicidio il che significò di fatto l’amnistia per molti criminali nazisti. A quel tempo, inoltre, i principali imputati per i crimini commessi venivano individuati nei funzionari nazisti di altissimo livello al pari di Hitler, Göring e Goebbels[ref]17. W. Wette, Die Wehrmacht, cit., pp. 237 ss.[/ref]. Da quel momento, dunque, l’omicidio diventa l’unica motivazione valida per arrivare a una reale condanna, previa dimostrazione della corresponsabilità diretta del singolo, cosa di fatto impossibile visto il lasso di tempo trascorso dallo svolgersi dei fatti. Una parte importante delle indagini avviate furono così archiviate e dagli anni Novanta la maggior parte di esse fu sospesa anche a causa dell’età avanzata degli imputati e della loro presunta incapacità di subire un processo.

I recenti sviluppi

Negli ultimi anni alcuni processi sembrano denunciare la presenza, nonostante quanto detto finora, di alcuni cambiamenti in atto.

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Vista esterna del cimitero di Monte Sole (dic 2011)

Nel 2009, per la prima volta, un membro delle forze armate tedesche è stato condannato all’ergastolo dal Tribunale federale di Monaco per crimini di guerra commessi in Italia. Nonostante l’età, il giudice ha avvalorato l’accusa condannandolo per crimini di guerra commessi in Italia, precisamente per un caso di omicidio plurimo avvenuto a Falzano di Cortona[ref]18. Cfr. Justiz und NS-Verbrechen. Sammlung deutscher Strafurteile wegen nationalsozialistischer Tötungsverbrechen 1945-2012, vol. XLIX, pp. 93 ss.[/ref]. Inoltre un processo svoltosi nel 2011 a Monaco contro l’ucraino John Demjanjuk, guardiano del campo di concentramento di Sobibor (Polonia), ha avuto una grossa risonanza in quanto l’accusato è stato condannato anche senza la prova della sua partecipazione diretta ai fatti di cui era imputato. I giudici del tribunale di Monaco, infatti, hanno ritenuto che la sua presenza e il suo ruolo nel campo fossero sufficienti a dimostrare la sua partecipazione alla “macchina di sterminio”.

Questo caso avrebbe potuto costituire un precedente anche per Kusterer, ma così è stato solo in parte o, meglio, solo in Italia. Per lui, infatti, il tribunale militare di La Spezia aveva motivato la condanna in maniera simile perché, pur non potendo accertarne le responsabilità individuali, la sua presenza e la sua funzione di comandante a Marzabotto erano stati considerati elementi sufficienti a ritenerlo colpevole. La procura di Stoccarda ha invece deciso di non arrivare alla condanna in un caso simile: nell’ottobre 2012 l’inchiesta contro sette membri della Waffen-SS – condannati ancora una volta dal tribunale militare di La Spezia, ma questa volta per il massacro di Sant’Anna di Stazzema – si è conclusa con l’archiviazione. La motivazione dei giudici di Stoccarda, ovvero che non si poteva dimostrare che la missione fosse stata pianificata per lo sterminio di popolazione civile, è stata fortemente criticata da un membro della commissione storica italo-tedesca per la rielaborazione del passato comune nella Seconda guerra mondiale[ref]19. Intervista di Catrin Dingler a Paolo Pezzino, 18 ottobre 2012 (http://bit.ly/2dgbmhO).[/ref]. La procura, nel prendere questa decisione, ha inoltre completamente ignorato gli accertamenti storici prodotti da entrambi i paesi secondo cui, all’epoca dei fatti, l’intera operazione di contrasto alle azioni dei partigiani era chiaramente basata su azioni sistematiche di sterminio contro i civili. Il massacro, inoltre, era stato perpetrato nell’agosto 1944 dalla sedicesima divisione delle SS Panzer Grenadier, la stessa unità che qualche settimana più tardi avrebbe compiuto il bagno di sangue nel territorio di Monte Sole. Le indagini sono state condotte dalla stessa procura incaricata del caso Kusterer e, ancora una volta, la procura di Stoccarda ha comunicato il 30 giugno 2016 che le indagini saranno sospese, questa volta a causa dell’età avanzata dell’ex sottufficiale delle SS, cosa che non gli permette più di subire un processo.

La procura di Stoccarda, ostacolando la persecuzione dei crimini di guerra nazisti nel loro paese d’origine, continua così l’ingloriosa tradizione del sistema giudiziario tedesco. Ma intanto, nel dibattito pubblico persevera il luogo comune secondo il quale in Germania ha fatto i conti col proprio passato.

Gli autori ringraziano Matthias Peitsch e le colleghe e colleghi di Kritische Geschichte per l’aiuto e importanti indicazioni di ricerca per questo articolo. La foto di copertina ritrae il cippo memoriale alla Brigata partigiana Stella Rossa (info).

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