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There is (more than one) alternative

Dopo l’ondata di pagine chiuse da Facebook, prima coi meme e poi con il Rojava, abbiamo aperto le pagine del nostro sito al dibattito che è nato intorno ai social network e all’uso che ne facciamo. Le reti, l’uso sociale delle tecnologie digitali e i nessi con l’attivismo e la militanza politica sono temi che ci interessano molto e che abbiamo avvicinato in prospettiva storica anche sul cartaceo (v. Hack the system, il n. 45 di «Zapruder», da qualche tempo disponibile in download gratuito). A seguito di uno scambio sull’istanza Mastodon aperta dal collettivo Bida.im abbiamo voluto ospitare una panoramica delle alternative agli strumenti commerciali oggi maggiormente in voga, che ci sono e sono anche di più di quelle che pensavamo. Ce ne ha fatto una mappatura dettagliata Ca_Gi, che ringraziamo, proponendovela pensando che sia molto utile.

Il Fediverso spiegato ai tuoi nonni

di Ca_Gi

Dentro, fuori o accanto ai social?

Cos’è un social? Ci serve davvero? Per cosa vogliamo usarlo e dove, invece, ci ostacola? Esistono social usati per comunicazioni interne o per propagandare all’esterno, per cazzeggio o per informazione. Ma il punto rimane: dobbiamo usare proprio un social? E se sì: differenziare strumenti ed account può dare risultati migliori che riducano l’appiattimento ad infotainment cui tende qualunque social? Sono tutte domande da porsi quando ci si approccia agli strumenti di comunicazione. Stiamo vivendo in anni di ubriacatura da social in cui l’idea dominante è che non ci sono spazi di discussione al di fuori di questi giganteschi spazi chiusi a gestione commerciale che omogeneizzano meme e discorsi seri in una pappa indifferenziata fatta di hashtag e post virali. La verità è che là fuori brulicano alternative solide e vitali! Il guaio è che, a forza di stare continuamente entro questi grandi circhi virtuali, pure tutto ciò che ne è al di fuori ci appare altrettanto omogeneizzato, impedendoci di coglierne unicità e differenze.

Gli strumenti liberi, il Fediverso e tutto il resto: dai social commerciali ai social liberi

fediverso
«Join the federation!», logo Mastodon.social

Viviamo in un mondo sempre più digitalizzato e dobbiamo imparare a districarci tra queste tecnologie sia per non esserne travolti passivamente che per riuscire a difenderci dalle poche grandi aziende che reggono l’intero comparto IT (Information Technologies: tutto ciò che va dallo smartphone al sito web) plasmandolo in base ai loro interessi. I grandi social network sono un chiaro esempio del potere che queste aziende hanno sulla nostra vita legandoci a loro attraverso servizi tanto diffusi e onnipresenti da non poter essere completamente evitati.

Anche agli occhi di chi li critica, spesso, l’idea di utilizzare uno strumento diverso appare qualcosa di scomodo (un nuovo strumento da apprendere, assenza dell’intera cerchia di amici…), ma pure inutile in quanto un social, per quanto alternativo ed etico, resta pur sempre un social.

Se la prima osservazione è un non problema – ci vuole ben poco per imparare ad usare un nuovo strumento e il non andare mai laddove non siano già arrivati tutti è un modo di pensare che non porta a niente –, la seconda invece ha fondamenti più solidi.

I social (nessuno escluso) sono uno strumento di comunicazione strutturalmente portato all’appiattimento dei contenuti, che in essi vengono ridotti ad un flusso che mette sullo stesso piano interventi seri e meme sarcastici, battutine ad effetto e foto di cibarie. Volente o nolente, la persona che partecipa a questo flusso diviene agli occhi degli altri una sorta di personaggio bidimensionale, di figura teatrale, di maschera, e in quanto tale viene trattata. Sono strumenti strutturalmente portati a generare risposte emotive e irruente ma di breve durata e destinate ad essere sostituite dal nuovo argomento del giorno.

In che modo, dunque, un social libero può essere uno strumento migliore se quella è la sua natura?

In due modi. Dal lato tecnico, basandosi su “antistrutture” che limitino fortemente una parte degli effetti negativi appena visti; ma, soprattutto, coltivando dal lato umano un costante processo critico al mezzo ed al suo utilizzo. Questo perché uno strumento tanto potente può diventare veramente utile solo se i suoi utilizzatori non vengono trascinati da esso, ma hanno nei suoi confronti un approccio critico e capace di mantenerlo “al suo posto”, al ruolo cioè di strumento. Tutto ciò è presente e viene sviluppato all’interno del Fediverso, ossia la “rete delle reti” di cui fanno parte le principali piattaforme social libere.

reti centralizzate, decentralizzate e diffuse
Una panoramica: reti centralizzate (Facebook, Twitter, ecc.), decentralizzate (il Fediverso) e diffuse (P2P e altro)

Mega-centri-commerciali vs. galassie mutanti e reticolari

Da un lato abbiamo i pochi grandi social network commerciali basati sul data mining ognuno dei quali, per motivi commerciali, è un mondo chiuso. Sono tutti strumenti centralizzati, ognuno gestito da una grande azienda che possiede tutta l’infrastruttura e ne stabilisce regole e funzionamento. Al contrario le reti libere – che in questi anni sono in particolare fermento – sono tutte decentralizzate, distribuite e federate. Che significa? Immaginiamo che si voglia accedere ad una di queste reti, ad esempio Mastodon: così come si sceglie modello di cellulare e compagnia telefonica si può scegliere quale App si preferisce per accedervi e su quale delle sue migliaia di istanze iscriversi. Un’istanza è al tempo stesso un server Mastodon ma anche una comunità con le sue regole, interessi e processi decisionali interni. Le istanze sono diversissime fra loro per approcci, interessi e per il modo in cui ognuna si relaziona con le altre. Non solo: gran parte delle reti libere condivide gli stessi standard di comunicazione, in modo che piattaforme profondamente diverse comunichino tra loro andando a formare una gigantesca “rete delle reti” chiamata Fediverso. Il mix di contatti, aperture e chiusure tra istanze ha fatto sviluppare un complesso panorama di isole, penisole e continenti digitali in cui chiunque può scegliere qual è lo spazio che ritiene più adatto. Ogni istanza svolge dunque al tempo stesso sia funzioni di comunità che di hub, ossia di porta d’accesso all’intera rete ed a seconda della sua cultura e scelte interne può avere tante relazioni o pochissime, generiche o specifiche.

Per fare un esempio: l’istanza bolognese mastodon.bida.im ha base a Bologna e le sue linee guida, stabilite attraverso processi decisionali orizzontali tra i membri attivi, prevedono l’espulsione di utenti ed istanze fasciste ed il “silenziamento” di quelle commerciali. Questo vuol dire che l’utente che accede alle reti Mastodon tramite Bida non avrà mai alcun contatto con i commenti fascisti dei membri dell’istanza Gab, un network di suprematisti bianchi. Invece potrà entrare in contatto con migliaia di altre istanze disponibili al dialogo. La rete di contatti di ogni istanza è in costante evoluzione e si forma in base al principio dell’“amico del mio amico”: ogni volta che un utente di Bida decide di seguire un utente di un’altra istanza, i contenuti pubblici di quest’ultimo diventano accessibili anche agli altri utenti di Bida. Il processo, al contrario delle logiche dei grandi social commerciali, è molto più vicino al normale relazionarsi umano in cui la rete di contatti di una comunità avviene direttamente ed è basata sui rapporti comunitari e sulle influenze reciproche, non sulle amicizie suggerite. Tale meccanismo induce al dialogo anziché alla scoperta di utenti attraverso lo spionaggio dei profili.

Mastodon - istanze
Le istanze in dialogo fra loro

Mastodon non è un social network, ma una tecnologia che fa dialogare fra loro i diversissimi social network locali che sono le istanze. E non solo istanze Mastodon, ma pure quelle di tutta una serie di altre piattaforme che sono strutturate allo stesso modo. È il caso delle istanze di Pixelfed, una piattaforma simile a Instagram, oppure di Friendica ed Hubzilla, che assomigliano vagamente a Facebook. Oppure di Funkwhale per la musica, PeerTube per i video, Write.as, Plume e WordPress per i blog; o ancora di Pleroma e Hometown, che sono due alternative a Mastodon perfettamente compatibili e dialoganti fra loro: permettono cioè di interagire con una piattaforma standosene su un’altra. È come se i nodi che compongono il Fediverso fossero l’insieme di bar, centri sociali, librerie, luoghi di ritrovo di una città: se frequenti uno di questi luoghi/nodi (ad esempio un bar in zona universitaria) la sua comunità ti connetterà a due dei tanti centri sociali, ad alcune librerie anziché altre ecc. Un nodo diverso (p. es. un localino alla moda), ti connetterà con una rete di nodi diversa. Avvicinare due nodi non è né automatico né obbligatorio: sta ai suoi utenti. Il tutto, in un vivo e costante divenire. Al contrario Facebook è come un grande centro commerciale che racchiude sì diversi “nodi”, ma amalgamati in un contesto che li trasforma in strumenti di intrattenimento cui concede una personalità limitata. È un casinò dove i tavoli sono molti, ma alla fine il vero vincitore è sempre il banco.

Server, comunità, nodo culturale, punto d’incontro ma anche porto sicuro indipendente. Un’istanza federata è tutto questo, ma è importante che resti sempre e solo uno fra gli strumenti che la comunità che vi è dietro utilizza per potenziare e semplificare il proprio agire. Un collettivo o una redazione possono utilizzare un’istanza Mastodon come il proprio “baretto” aperto per incontrarsi con la comunità allargata; un server XMPP o Friendica per avvisi e discussioni interne ed un pod Hubzilla per fare propaganda pura. Un’istanza Write.as con un blog per i comunicati ufficiali ed una serie di account Facebook e Twitter per riversare questi contenuti sui social commerciali. Sarà sempre e solo la maturità della comunità stessa e del processo critico che porta avanti a renderla più o meno aperta alle altre, ma non va dimenticato che ogni persona può sempre creare più account (anzi: la cosa è incoraggiata!), decidere di passare ad un’istanza che gli pare più adatta alle proprie esigenze e posizioni, esplorare reti diverse, portare amicizie fatte su un’istanza all’interno di un’altra ecc.

Molteplicità e standard condivisi

Il futuro delle reti sociali che sta nascendo torna all’idea di molteplicità anarchica delle prime esperienze sulle reti digitali, fatte da innumerevoli combinazioni: istanze Mastodon di quartiere; istanze scolastiche chiuse di Friendica; miniistanze Pleroma che durano il tempo di un evento e grandi istanze generaliste. Server PeerTube di partito, archivi pubblici e librerie NextCloud. Il tutto senza tralasciare forum web, email e siti internet. Molteplicità ed interconnessione tramite standard aperti e condivisi sono la risposta al tutt’uno omologante che oggi domina il discorso. Questo non si limita al solo Fediverso: esistono tecnologie rodate come XMPP per creare server chat autonomi, sicuri e dialoganti fra loro al posto di WhatsApp, o Matrix, che si prefigura come una delle piattaforme di chat più interessanti e che vuole connettersi a tutte le reti esistenti! O RetroShare, basato su P2P (Peer-to-Peer, ossia connessione diretta da utente ad utente) ed usato da molti movimenti di protesta per creare spazi virtuali sicuri e slegati da server. Molteplicità e standard condivisi sono gli elementi chiave per la costruzione di strumenti e reti di comunicazione capaci di restituire quell’indipendenza, sicurezza e autonomia indispensabili per staccarsi dalla melma omologante che mira a trasformare ogni voce parlante in un brand e un influencer che si vende per produrre info-intrattenimento in cambio di ‘like’.

Quel che bisogna fare adesso è tuffarcisi dentro il più possibile: creare istanze locali, organizzare hacklab e corsi d’informatica, imparare ad utilizzare consapevolmente questi strumenti. E i grandi social commerciali: come rapportarcisi? Beh, è sempre possibile mantenere degli account e pagine attive o usare bot (programmi che accedono alla rete dotati di routine comportamentali) che vi ripubblicano automaticamente i contenuti dal Fediverso. Ma ciò che è chiaro è che la presenza sui social commerciali può essere fruttuosa solo se riesce a spostare il dialogo al di fuori di essi, perché per quanti sforzi farai, ai tavoli del casinò potrai anche ricevere qualche contentino, ma alla fine il vero vincitore sarà sempre il casinò stesso.

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