Bruno Fusciardi (a cura di), Giulia Zitelli Conti (con il contributo di), Ma noi non potevamo aspettare più. Memorie e storia della lotta per la casa a Roma, Editpress, 2024, pp. 248
Dopo la pausa estiva, riprendiamo le pubblicazioni sul nostro sito con un nuovo consiglio di lettura!
Abbiamo chiesto a Gulia Novaro di leggere per noi il volume pubblicato nella collana di Storia Orale di Editpress sulla lotta per la casa a Roma nel secondo dopoguerra… perchè ancora oggi aspettare non si può più.
A Roma (e ovunque) la casa è di chi l’abita
Giulia Novaro
È recentemente uscito per Editpress il volume Ma noi non potevamo aspettare più. Memorie e storia della lotta per la casa a Roma che affronta la lunga stagione di mobilitazioni nella città capitolina, soffermandosi in particolare sul ventennio 1963-1985. Un tema non inedito, per quanto manchi ad oggi uno studio sistematico, che i curatori, Bruno Fusciardi e Giulia Zitelli Conti, affrontano però in maniera originale, concentrandosi non tanto sulla ricostruzione fattuale degli eventi (alla quale provvede comunque il capitolo conclusivo del libro) quanto sul racconto autobiografico di testimoni e protagonisti delle vicende, sulla memoria di quei fatti, su rappresentazioni, auto-rappresentazioni, aneddoti, esperienze e stati d’animo di quegli anni.
A parte alcuni brevi e necessari capitoli di narrazione delle vicende e di riflessione sulla pratica della storia orale scritti da Giulia Zitelli Conti, il volume è in buona parte costituito dalla trascrizione delle lunghe conversazioni avute da Bruno Fusciardi con Renato Fattorini, a lungo leader del Comitato Agitazione Borgate, e Antonio Molinari, animatore, insieme alla compagna Delia, del comitato di lotta della Magliana. Entrambi militanti politici, le due figure hanno però trascorsi autobiografici profondamente diversi che si rispecchiano nelle differenti geografie dei loro racconti. Se le memorie del primo ripercorrono buona parte della città, le sue periferie e i suoi borghetti, zone nel quale egli stesso era cresciuto, l’esposizione del secondo, di origine lucana e di professione architetto, si sofferma su un quartiere, la Magliana, dove egli concentrò la propria esistenza e attività politica. Mentre il racconto di Fattorini rimane individuale, al di là degli interventi della moglie Betta, la narrazione di Molinari, destabilizzata dalla sua morte improvvisa, assume, tramite il coinvolgimento di compagni e compagne di lotta, i tratti del racconto corale, del «mosaico memoriale» secondo la bella definizione che ne dà Giulia Zitelli Conti nell’introduzione (p. 10).
È un libro di memorie personali, spesso faticosamente collocate nel tempo, aneddoti non consequenziali, scarti temporali, fatti e riflessioni in cui presente e passato coesistono, si compenetrano e si contaminano a vicenda. Ma è anche la trasposizione di un dialogo, di uno scambio tra militanti di due generazioni differenti, da un lato i due protagonisti appena citati dall’altro lo stesso Fusciardi, che si riconoscono e si confrontano a partire da vissuti ed esperienze comuni. Emerge questa condivisione e una confidenza che permette di rischiarare anche episodi “oscuri”, e così anche la natura militante del volume e della ricerca che vi sta dietro. «Ma scusa perché non lo raccontiamo? E non lo facciamo diventare patrimonio? Magari lo mettiamo in discussione, non solo come ricordo e memoria, ma facendolo diventare un elemento di dibattito nelle attuali iniziative e lotte sulla casa», «queste due persone hanno dato parte della loro vita e alcune scelte che hanno fatto so’ state determinate da quella decina di anni di attività fatta in un modo così… [cerca la parola giusta] generoso, disinteressato, senza intenti di potere. Questa qua è stata l’altra molla mia. Questi devono avè un riconoscimento» risponde Fusciardi a Giulia Zitelli Conti (p. 12) che gli chiede perché abbia intrapreso questo percorso, in un’intervista, quella portata avanti dalla studiosa romana al co-curatore, che aggiunge un ulteriore livello di confronto intersoggettivo e intergenerazionale al volume.
Vengono così raccontati vent’anni di lotte per la casa, mobilitazioni nei borghetti e nei baraccamenti, vicende che produssero centinaia di occupazioni e coinvolsero decine di migliaia di persone. La narrazione si concentra su episodi vari e differenti l’uno dall’altro: sopralluoghi nei palazzi, occupazioni, sgomberi, assemblee, picchetti e cene collettive, scontri con la polizia e rappresentazioni teatrali. La prospettiva autobiografica non limita però il racconto alle mobilitazioni, alla militanza e al protagonismo degli/lle intervistati/e, ma lo interseca ad altre storie, più o meno “maiuscole”: dalle gesta di Rocco Scotellaro alla socialità nella casa di Grassano Scalo, stazione-crocevia delle migrazioni al nord, dove i genitori di Antonio accoglievano amici e conoscenti che aspettavano il treno, dai racconti resistenziali della famiglia di Delia, la moglie di Antonio, alla fuga da Pola di quella di Mirella, o ancora la vita di strada dell’infanzia e dell’adolescenza di Fattorini e l’incontro con Pasolini. Differenti racconti e luoghi che non distraggono dal tema di ricerca ma mostrano la pluralità di percorsi, soggettività, esperienze che si incontravano nelle mobilitazioni, in un continuo dialogo tra dimensione personale e collettiva che è prerogativa del volume.
In buona parte dei saggi editi in precedenza rimaneva sullo sfondo, quasi celato, quello che accadde dopo le mobilitazioni: il cosiddetto riflusso, categoria quanto mai discussa e da ridiscutere oggi, un imbrunire spesso rinchiuso nella nostalgia di quello che era stato. Pur senza poter evitare tali tinte malinconiche, il libro si sofferma su queste evoluzioni, illustrando non solo e non tanto le trasformazioni politico-istituzionali dell’epoca, gli avvenimenti sulla scena pubblica, quanto i racconti familiari e personali di ciascuno/a, la stanchezza dopo anni di mobilitazioni, la disillusione per le diverse strade intraprese da ciascuno/a, la corsa all’acquisto dell’alloggio da parte di molti e molte, e poi l’avvento dell’eroina e quello della lotta armata che coinvolsero protagonisti/e, parenti, amici/che, compagni/e di lotta e le loro famiglie. Questioni e ritrosie che l’oralità e la fiducia reciproca tra intervistatore e intervistati/e permettono di rischiarare, consentendo di osservare con nuova profondità percorsi ed esperienze di lotta.
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