Simona Casonato (a cura di), Marconi in frammenti. Rileggere le collezioni del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci, Edizioni Ca’ Foscari – Venice University Press, 2024, pp. 197
In occasione dei 150 anni dalla nascita di Guglielmo Marconi, il Museo nazionale scienza e tecnologia Leonardo da Vinci di Milano ha pubblicato un ricco saggio di riflessioni sulla sua eredità culturale a partire da materiali e documenti lì custoditi.
Abbiamo chiesto a Stefano Agnoletto di leggerlo per noi.
Una sorta di Gino Bartali della scienza
Stefano Agnoletto
Il volume Marconi in frammenti, curato da Simona Casonato, è un’opera multidisciplinare che si propone di riconsiderare il lascito culturale e tecnologico di Guglielmo Marconi, partendo dalle collezioni conservate presso il Museo nazionale scienza e tecnologia Leonardo da Vinci di Milano. L’opera si articola in diversi capitoli che esaminano, attraverso una prospettiva storiografica aggiornata, intrecciando in particole memoria e museologia, sia i materiali esposti che il loro significato simbolico e culturale.
In via generale una caratteristica a mio parere fondante del volume è il suo confrontarsi in modo esplicitamente critico con la narrazione eroica e lineare del progresso tecnologico, tipica della tradizione museale tecnico-scientifica. I saggi che compongono questo testo collettaneo si pongono invece nella prospettiva di un superamento di una visione determinista e individualistica della storia tecnologica. La figura di Marconi viene reinterpretata non solo come genio solitario, ma anche come parte di un contesto socio-culturale e industriale più ampio. Questa impostazione si basa su un evidente approccio multidisciplinare: i vari autori ed autrici esplorano le collezioni utilizzando prospettive innovative, come ad esempio i media studies e gli studi sociali sulla scienza e tecnologia. Mi pare che questi approcci aiutino a contestualizzare meglio le invenzioni di Marconi nel loro tempo e nelle implicazioni per il presente.
Il volume è anche una occasione per ragionare sulle pratiche museali. Viene analizzata la tensione tra memoria e innovazione, caratteristica dei musei che conservano oggetti tecnici. Emerge la difficile coabitazione di due missioni: la celebrazione del passato coabita con il compito di “educare” il pubblico sulle sfide scientifiche attuali. Si indicano prospettive museali che vanno oltre un tradizionale approccio di “storia della tecnologia”: i reperti non solo come testimonianze delle scoperte di Marconi, ma anche come fonti che raccontano come la società ha costruito la memoria collettiva delle sue imprese. Sono riletti come “luoghi di memoria”, secondo la definizione di Pierre Nora, ossia spazi in cui memoria e storia interagiscono. Emerge in modo evidente che il volume non si limita a celebrare Marconi, ma stimola una riflessione critica sull’importanza di una rappresentazione più complessa e sistemica delle sue innovazioni. La sua eredità tecnologica è interpretata come il risultato di un processo collettivo, in cui l’invenzione non è un atto isolato, ma un fenomeno legato a reti sociali, economiche e culturali.
Questi temi compaiono in modo chiaro nella introduzione di Simona Casonato. Casonato esplicita l’impianto teorico e gli obiettivi dell’intero volume e propone una riflessione critica sui musei tecnico-scientifici come strumenti di interpretazione storica e luoghi di costruzione della memoria collettiva. Segnalo in particolare la capacità della curatrice di proporre una analisi che pone in equilibrio la dimensione analitica e il richiamo alla pratica museale. Casonato apre la riflessione ponendo una questione cruciale: quale ruolo devono assumere i musei tecnico-scientifici nel XXI secolo? L’autrice sottolinea che queste istituzioni si trovano oggi a un bivio: da un lato, la necessità di conservare e raccontare il passato tecnologico; dall’altro, l’esigenza di rinnovarsi per rimanere rilevanti di fronte alle sfide contemporanee. Questa riflessione mi pare particolarmente interessante perché mette in evidenza come il valore di una collezione museale non risieda solo negli oggetti in sé, ma nella narrazione che questi oggetti veicolano. Inoltre la curatrice fin dalla introduzione inserisce il volume in una prospettiva che si allontana da una rappresentazione determinista della scienza e della tecnologia, proponendo invece una visione complessa, in cui il progresso non è mai lineare o inevitabile. Questo approccio si traduce in una critica alle modalità espositive tradizionali, che spesso celebrano il genio individuale a discapito del contesto sociale e collettivo. In questa prospettiva Casonato invita il lettore a riflettere su come Marconi, spesso presentato come un genio isolato, sia in realtà parte di una rete più ampia di attori, infrastrutture e contingenze storiche. Questa scelta di prospettiva risulta innovativa e stimolante, aprendo la strada ai contributi successivi del volume.
Un altro tema centrale esplicitato nella introduzione è il ruolo del museo come spazio di dialogo tra passato e presente. Casonato sottolinea l’importanza di reinterpretare le collezioni per renderle accessibili a un pubblico diversificato. A tal proposito, l’autrice cita esperienze innovative del Museo nazionale della scienza e della tecnologia, come mostre sonore e podcast. A mio parere il pregio maggiore dell’introduzione è la capacità di problematizzare le narrative tradizionali, invitando il lettore e la lettrice a riconsiderare il significato della memoria tecnologica. Inoltre, la riflessione sulla funzione sociale del museo e sull’importanza di aggiornare i metodi di esposizione credo si inserisca perfettamente nel dibattito attuale sulla museologia, rendendo l’introduzione un testo interessante anche oltre al caso specifico di Marconi. I capitoli che compongono il volume sviluppano i vari temi accennati nell’introduzione.
Il primo capitolo della stessa Casonato e di Roberta Spada si concentra sull’analisi dei cimeli marconiani, come l’oscillatore di Righi, utilizzato da Marconi nei suoi esperimenti. Le autrici riflettono su come questi oggetti siano diventati simboli di un’eredità tecnica e culturale, spesso mitizzata. Roberta Spada propone un altro testo sulla leggenda del detector magnetico improvvisato da Marconi in una scatola di sigari. Il capitolo sottolinea come questo mito espositivo rafforzi l’immagine dell’inventore-genio, pur semplificando il contesto più complesso della ricerca tecnologica.
Anna Guagnini approfondisce il ruolo degli assistenti tecnici nelle sperimentazioni di Marconi. Questo capitolo evidenzia l’aspetto collaborativo e meno celebrato della ricerca scientifica. Segue un testo a cura di Gabriele Balbi che esamina l’impatto di Marconi sulla politica telegrafica italiana, soffermandosi sulle Conferenze di Berlino. Il capitolo offre uno sguardo sull’influenza di Marconi nelle scelte strategiche nazionali e internazionali legate alla telegrafia.
Il capitolo seguente, il cui autore è Giovanni Pietrangeli, credo meriti una particolare attenzione, o per lo meno è quello che ha maggiormente attratto la mia attenzione ed interesse. Questo capitolo esplora come la memoria pubblica di Marconi sia stata plasmata e utilizzata dall’industria italiana, intrecciando propaganda e celebrazione del progresso tecnologico. Questo capitolo non solo arricchisce il discorso sulla figura di Marconi, ma apre anche spazi di riflessione più ampi sulle dinamiche tra tecnologia, cultura e politica. Pietrangeli dimostra come, in particolare nel periodo tra il 1921 e il 1960, Marconi sia stato trasformato in un simbolo nazionale, utilizzato strategicamente dalle élite economiche e politiche per promuovere l’idea di un’Italia tecnologicamente avanzata. L’autore analizza il ruolo di Raoul Chiodelli, figura centrale nel promuovere questa costruzione simbolica attraverso materiali iconografici e narrazioni pubbliche. Pietrangeli ci spiega come Marconi sia stato utilizzato non solo come rappresentante del genio scientifico italiano, ma anche come elemento unificante in un’epoca di forti conflitti politici e sociali. Il capitolo esamina in particolare il biglietto da visita di Raoul Chiodelli, un oggetto semplice ma carico di significati simbolici. Pietrangeli dimostra come questo reperto rappresenti un ponte tra la storia personale di Marconi e la memoria collettiva costruita a posteriori. La narrazione di Pietrangeli è esemplare nel mostrare come oggetti apparentemente insignificanti possano racchiudere complessi significati storici, culturali e politici. L’autore intreccia abilmente il concetto di “luoghi di memoria” di Pierre Nora con l’analisi dell’oggettistica, dimostrando come ogni oggetto sia parte integrante di una costruzione narrativa più ampia. Una parte particolarmente interessante del saggio di Pietrangeli è quando approfondisce il modo in cui l’industria italiana del periodo fascista e postbellico abbia sfruttato la figura di Marconi per legittimare la propria centralità nel processo di modernizzazione del Paese. Questa sezione del capitolo è particolarmente convincente, perché mostra come l’immagine di Marconi sia stata plasmata e riadattata per rispondere alle esigenze di contesti politici ed economici diversi. Inoltre, ciò che rende il capitolo particolarmente apprezzabile è l’approccio multidisciplinare adottato da Pietrangeli. L’autore combina storiografia, analisi culturale e studio degli oggetti, offrendo a mio parere un esempio magistrale di come la storia della scienza possa essere integrata con le dinamiche sociali e politiche. Il capitolo di Pietrangeli è seguito dal testo di Claudio Giorgione che analizza le rappresentazioni post mortem di Marconi, in particolare il busto di Vincenzo Jerace, evidenziando la costruzione di un’immagine mitizzata per rafforzare il valore nazionale del suo lascito. Giovanni Paoloni invece, nel capitolo successivo propone una riflessione sull’interconnessione tra oggetti materiali e documenti archivistici, dimostrando come la combinazione di fonti sia essenziale per comprendere la storia della tecnoscienza. Nel saggio seguente Laura Ronzon analizza il lavoro di catalogazione e documentazione delle collezioni del MUST, sottolineando l’importanza di adottare approcci critici per garantire una narrazione storica coerente e aggiornata. Il seguente capitolo, di Sarah Chard-Cooper, indaga il concetto di autenticità nei musei tecnico-scientifici, mettendo in discussione la distinzione tra oggetti originali e repliche e il loro ruolo nella costruzione di memoria collettiva.
Il volume si chiude con un capitolo della curatrice, che è uno sguardo in avanti, presentando un progetto innovativo del MUST: un podcast e una mostra sonora che reinterpretano la storia del wireless, offrendo al pubblico un’esperienza accessibile e interattiva.
Il volume è anche corredato da un bell’apparato iconografico inserito tra i capitoli. In particolare segnalo la sezione Cimeli marconiani numerati: repliche d’autore, che contiene fotografie di una selezione degli artefatti giunti a Milano tra il 1955 e il 1956 e che all’epoca furono definiti “cimeli marconiani”, e la sezione Oggetti e documenti delle collezioni legate a Marconi con una selezione di fotografie di artefatti che documenta una varietà di ambiti in cui è coinvolta la complessa storia del wireless: la ricerca scientifica, i trasporti, la geolocalizzazione, l’ambito bellico, i media.
Prima di concludere questa recensione mi permetto di fare una sottolineatura. C’è un tema che mi pare di particolare interesse e che è un filo comune a tutto il volume: la sfida alla narrazione tradizionale di Marconi come “genio italiano”, presentandolo invece come una figura globale, anglo-italiana per cultura, lingua e affari. Dalla sua biografia emerge una figura di scienziato-imprenditore cosmopolita, forse più vicino a figure moderne della Silicon Valley che a un inventore ottocentesco legato a una singola storia nazionale. Credo che il volume si distingua per la capacità di smontare il mito marconiano patriottico, costruito in epoca fascista, sostituendolo con un’analisi critica che valorizza la complessità della sua identità. Una rilettura che permette di comprendere Marconi non come un’icona nazionale, ma, fuori da qualunque celebrazione mitizzante, come un innovatore globale, precursore della scienza transnazionale e dell’imprenditoria tecnologica moderna (con tutte le sue contraddizioni).
In conclusione, consiglio la lettura di Marconi in frammenti in quanto non è solo una celebrazione di Guglielmo Marconi, ma una interessante analisi critica e interdisciplinare della sua eredità. Inoltre, il libro non solo propone una riflessione aggiornata e complessa della figura di Marconi, ma stimola esplicitamente riflessioni sull’oggi, ad esempio sul ruolo dei musei tecnico-scientifici nella società contemporanea, invitando a superare le narrazioni lineari e a esplorare il contesto sociale e collaborativo della tecnoscienza.
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