A novembre prossimo saranno passati 5 anni dalla firma degli Accordi di pace di L’Avana che segnano la fine della guerra civile in Colombia e l’avvio del percorso di pace fra le Farc e il governo colombiano. Un percorso molto accidentato che si muove fra l’incognita della «reincorporazione» degli/lle ex guerriglieri/e delle Farc, l’ombra dei cartelli e del narcotraffico e gli strascichi di violenza, soprattutto per mano dei paramilitari. È una storia che il dibattito italiano ha quasi del tutto ignorato, così come è stata presto dimenticata la morte di Mario Paciolla in circostanze ancora poco chiare nel luglio 2020. È necessario che questa storia torni a porci degli interrogativi, esigenza che ci ha spinto a mettere in prospettiva gli ultimi sessant’anni di storia colombiana. Lo facciamo grazie al contributo di David Serra che parte dal caso della regione del Catatumbo.
Il Catatumbo tra memoria e oblio
di David Jonathan Serra
Con l’inizio, nella seconda metà del XX secolo, del conflitto armato interno, la Colombia è entrata in una spirale di violenza che si protrae da oltre sessant’anni e ha avuto un impatto enorme in termini umani, materiali, istituzionali e morali. Una guerra prolungata, che ha causato la rottura del tessuto sociale e lo smembramento di famiglie e comunità, lasciando una profonda cicatrice nella memoria collettiva del paese.
Le forme di violenza che ha sperimentato la Colombia negli ultimi decenni affondano le proprie radici in un’articolata sedimentazione storica di elementi interconnessi, la cui soluzione va ben aldilà della risonanza mediatica che, nel 2016, ha prodotto la firma degli Accordi di pace de L’Avana a Cuba (Mesa de Conversaciones 2017), sottoscritti tra l’ex presidente della repubblica Juan Manuel Santos e le Farc-ep (Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia – Ejército del pueblo), il movimento guerrigliero più longevo d’America latina.
Per comprendere le ragioni che storicamente hanno permesso la riproduzione del conflitto, è fondamentale cercare di addentrarsi nella quotidianità che caratterizza la Colombia rurale, spesso scandita dalle coltivazioni di coca e le pressioni dei gruppi armati. Con questo proposito, si cercherà di ricostruire un contesto territoriale specifico, con l’obiettivo di rendere maggiormente intellegibili le problematiche che contraddistinguono la regione del Catatumbo (Norte de Santander), dove negli ultimi anni le dinamiche della guerra hanno terminato per convergere con la crisi venezuelana e il costante flusso di migranti che transita questa complessa frontiera.
A partire dall’analisi di un caso locale, si cercherà dunque di gettar luce su alcuni leitmotiv del conflitto armato colombiano, evidenziando come l’esito degli Accordi de L’Avana in buona misura dipenderà dagli sforzi di pacificazione ed inclusione delle zone maggiormente remote del paese.
Un bagliore senza tempo
Il Catatumbo è una regione che si estende lungo il versante nordorientale della frontiera colombo-venezuelana, ove le Ande lasciano spazio alle distese pianeggianti che si protraggono fino al lago di Maracaibo (Venezuela). L’etimologia del termine deriva dalla lingua indigena Bari e può essere tradotto come “terra” o “casa” del tuono, a causa di un caratteristico fenomeno atmosferico che si produce nella zona. Dalle vette del Catatumbo è infatti possibile osservare un continuo e silente susseguirsi di fulmini e saette, che dà l’impressione di assistere a un bagliore senza tempo. Oltre che per il bagliore eterno dei suoi lampi – che agli albori della conquista intimorirono gli uomini di Pedro de Ursúa, fino a far retrocedere la spedizione del conquistador iberico – attualmente il Catatumbo è conosciuto prevalentemente per la guerra e l’emergenza umanitaria scaturita dalla crisi venezuelana.
Nonostante gli sforzi di riconciliazione, portati avanti dal paese a partire dalla firma degli Accordi di pace del 2016, la terra del tuono continua a sperimentare alti indici di violenza e un graduale incremento della presenza di gruppi armati. Di fatto nel dipartimento del Norte de Santander negli ultimi anni sono stati identificati per lo meno una dozzina di attori coinvolti nel conflitto, tra i quali si possono annoverare i principali movimenti guerriglieri colombiani – Farc, Elm (Ejército de liberación nacional), Epl (Ejército popular de liberación) –; per lo meno tre bande paramilitari (Rastrojos, Autodefensas gaitanistas de Colombia e Urabeños); alcune organizzazioni dedite al narcotraffico (come il cartel de Sinaloa) e una pluralità di clan criminali locali (Centro nacional de memoria histórica 2018). La convergenza di questa molteplicità di attori si deve al fatto che il Catatumbo rappresenta il primo livello di una ramificata economia grigia internazionale che, dalle zone più recondite della Colombia, si estende per il globo, fino a rifornire i maggiori centri urbani d’Europa o degli Stati Uniti d’America. Il sistema di monitoraggio del United nations office on drugs and crime(Unodc) stima che circa il 30% delle coltivazioni di coca presenti nel paese si trovino ubicate precisamente nel Catatumbo (Unodc 2020).
La particolarità della regione nortesantandereana può essere compresa analizzando una serie di variabili interconnesse che, complessivamente, hanno un ruolo fondamentale nella conformazione di un peculiare ecosistema, ideale per la proliferazione dei gruppi armati e del narcotraffico.
Uno dei fattori che tradizionalmente ha permesso veicolare il conflitto in questa zona, come d’altronde in molte altre parti del paese, è raffigurato dalla difficoltà storicamente sperimentata dallo stato colombiano nell’esercitare, pienamente ed omogeneamente, le ordinarie funzioni pubbliche lungo tutto il territorio nazionale. In questo panorama le aree rurali del dipartimento scarseggiano sistematicamente di infrastrutture, enti pubblici, possibilità occupazionali e servizi essenziali, come elettricità, acqua potabile, fognature, educazione e sanità. Questo scenario favorisce puntualmente l’espansione degli attori illegali, che nella fragilità istituzionale trovano un contesto propizio per perseguire i propri particolari obiettivi. Attualmente si stima che nella sola regione del Catatumbo esistano circa 40.000 ettari di coltivazioni adibite alla pianta di coca (Unodc 2020). A questa situazione si somma la porosità del confine colombo-venezuelano, attraverso il quale quotidianamente si contrabbanda a basso costo combustibile e altri elementi chimici, fondamentali per il processo di raffinazione della cocaina. Varrà la pena ricordare come il gasolio, acquistabile in Venezuela a un prezzo irrisorio, è un ingrediente imprescindibile per preparare la pasta base di coca. Inoltre, l’esistenza di una frontiera internazionale ostacola le operazioni militari e giudiziarie contro i gruppi armati, aumentando ulteriormente i già elevati indici d’impunità.
Va inoltre considerato che, negli ultimi anni, la crisi venezuelana ha avuto un impatto profondo nella regione. La frontiera tra Colombia e Venezuela è caratterizzata da una geografia complessa e ha un’estensione di 2.219 km. Secondo i dati di Migración Colombia i venezuelani giunti nel paese, prevalentemente a causa dell’emergenza umanitaria, ammontano a quasi due milioni di persone1. In questo contesto la crisi si trasforma in un’opportunità economica per i gruppi armati colombiani, i quali riscuotono un tributo sul flusso migratorio clandestino, reclutano giovani come sicari e gestiscono il traffico di persone e lo sfruttamento sessuale di donne e bambine provenienti dall’altro lato della frontiera.
Infine, si può aggiungere un immaginario profondamente “narcotizzato”, interiorizzato nel corso degli oltre tre decenni di guerra e narcotraffico. Nella terra del tuono la coca e la violenza raffigurano uno scenario ordinario e molti bambini crescono in un contesto caratterizzato da una quotidianità marcatamente segnata dal “sogno della coca” (Rincón 2009). Queste rappresentazioni simboliche finiscono per plasmare un microcosmo culturale disumanizzante e refrattario alla legalità, che in molti casi finisce per riprodurre il conflitto.
Tutte queste variabili fanno del Catatumbo un luogo estremamente complesso, nel quale la convergenza di elementi eterogenei, come la peculiare conformazione geografica del territorio, la carenza di infrastrutture e servizi essenziali, l’ampia presenza di gruppi armati, le coltivazioni illecite e uno spazio della quotidianità marcatamente “narcotizzato”, rendono particolarmente difficile il processo di costruzione di pace che si sta cercando d’implementare in Colombia (cfr. la sezione dedicata all’interno del sito del Centro nacional de memoria histórica).
Il limbo della pace
Con la firma degli Accordi di pace de L’Avana nel 2016 si è iniziato un processo di giustizia transizionale che ha come obiettivo porre fine alle ostilità e traghettare il paese verso un delicato e complesso scenario di post-conflitto. Essi, firmati tra il governo colombiano e il gruppo guerrigliero delle Farc-ep, si muovono lungo due binari principali, cercando da un lato di risolvere alcune costanti della guerra colombiana e dall’altro di garantire il diritto delle vittime alla verità, la giustizia e la riparazione. A causa di eterogenee variabili – come la mancanza di risorse, di volontà politica e l’impatto che il Covid-19 ha avuto a livello globale – l’implementazione degli accordi non procede come previsto. Secondo i dati riportati dal Kroc institute for international peace studies (2020) dell’Università di Notre Dame – ufficialmente incaricato di monitorare il compimento degli accordi – molti dei sei punti che compongono il documento si trovano ancora in uno stato embrionale di realizzazione. Per esempio, la «Riforma Rurale Integrale» (punto 1), attraverso la quale si cerca di portare nelle zone rurali del paese servizi fondamentali – come infrastrutture, elettricità, acqua potabile, educazione, sanità e opportunità lavorative – risulta ancora in uno stato d’implementazione preliminare. Come emerge dal caso del Catatumbo, il punto 1 rappresenta uno degli elementi imprescindibili per riscattare il territorio dalle logiche della guerra.
La «Soluzione al problema delle Droghe Illecite» (punto 4) rappresenta un’altra delle grandi sfide che dovrà affrontare il paese durante questa delicata tappa di post-accordo. Com’è risaputo, la Colombia continua ad essere il primo produttore mondiale di cocaina e il punto 4 cerca di incentivare i campesinos cocaleros a eradicare le proprie coltivazioni di coca e iniziare, anche grazie ad alcuni sussidi, il transito verso attività produttive legali.
Considerando che la cocaina è producibile soltanto a partire dalla foglia di coca e dunque attraverso la coltivazione di vasti appezzamenti di terreno, è evidente come il punto della «Soluzione al problema delle Droghe Illecite» risulti connesso a quello della terra e dunque della «Riforma Rurale Integrale». Per questa ragione l’implementazione dei punti 1 e 4 risulta strettamente correlata, in quanto la sostituzione delle coltivazioni illegali dev’essere parallelamente accompagnata da un processo d’inclusione sociale ed economica del territorio. Il tema della «Soluzione al problema delle Droghe Illecite» finisce anche per intersecarsi con un immaginario profondamente narcotizzato, in parte sorto come meccanismo di resilienza alla strutturale mancanza di servizi ed opportunità.
Come si evince dai risultati presentati dal Kroc institute, anche il punto 4 si trova in uno stato d’implementazione decisamente preliminare.
Un discorso analogo può essere fatto per il punto 2, «Partecipazione Politica: Apertura democratica per costruire la pace». Con questo punto si cerca essenzialmente di consolidare un sistema democratico profondamente condizionato da oltre sessant’anni di conflitto armato. In questo scenario si tenta di gettare le basi per la riconciliazione, la convivenza e la tolleranza, garantendo i diritti fondamentali alla libertà di espressione, di manifestazione e alla partecipazione politica. Uno dei principali ostacoli all’implementazione di questo punto è rappresentato dalle difficoltà che implica disarmare uno scenario politico che, storicamente, è spesso coinciso con un sistematico processo di silenziamento e sterminio dell’alterità.
Come possiamo osservare dai dati elaborati dal Kroc institute, anche il punto 2 sta sperimentando un ritmo d’implementazione al di sotto delle aspettative.
L’apertura democratica auspicata negli ultimi anni si è inoltre scontrata con un diffuso processo di sterminio di leader sociali e in generale di persone che hanno cercato d’infrangere l’omertà imposta dalla guerra. Secondo le stime riportate dal Sistema integral de verdad, justicia, reparación y no repetición, dalla firma degli Accordi nel 2016, sono stati assassinati 904 leader comunitari e difensori dei diritti umani2. A queste preoccupanti cifre vanno aggiunte le 126 stragi registrate in Colombia dal gennaio 2020 a maggio 20213.
Le difficoltà che comporta il consolidamento democratico in Colombia sono emerse nitidamente anche negli eterogenei movimenti di protesta degli ultimi mesi, durante i quali decine di persone hanno perso la vita a causa delle strategie repressive utilizzate dalle forze dell’ordine4. Per certi versi, queste imponenti manifestazioni rappresentano un riflesso della problematicità che implica il processo di costruzione di pace in Colombia, in un contesto tra l’altro caratterizzato dall’incremento dei già elevati indici di povertà e disuguaglianza tradizionalmente registrati nel paese. Secondo uno studio del Departamento administrativo nacional de estadística (Dane), il 42,5% della popolazione – equivalente a circa 21 milioni di persone – si trova in condizioni di povertà e sopravvive con un reddito pro-capite di circa 70-80 euro al mese5. Cifre che vanno messe in relazione con gli ingenti introiti prodotti dalla guerra e il narcotraffico e che ci riportano alle origini di un conflitto sorto, attorno alla metà del XX secolo, come reazione a un panorama politico, sociale ed economico profondamente escludente e refrattario ad un’apertura democratica.
Un’umanità invisibile
Durante la sua lunga traiettoria, il conflitto armato colombiano ha prodotto oltre nove milioni di vittime6, in un paese che annovera una popolazione totale inferiore ai 50 milioni di abitanti. Negli ultimi sessant’anni si sono registrate una media di 410 vittime al giorno. Secondo gli archivi della Unidad de víctimas, nella sola regione del Norte de Santander quasi il 28% della popolazione è stata registrata come vittima7 diretta di un conflitto che, con il trascorrere degli anni, ha lasciato dolorose ferite nella memoria e nei corpi di milioni di colombiani, spesso costretti a resistere all’esodo e allo sterminio.
A queste già impattanti cifre, bisogna sommare tutte quelle persone che hanno vissuto direttamente o indirettamente la distruzione della guerra ma che, per differenti motivi, non sono state censite nei registri ufficiali. Ciò ci permette di avere una percezione più nitida delle dimensioni che ha raggiunto lo scontro e delle difficoltà che implica la costruzione della pace in un paese che ha vissuto una violenza continua e sistematica.
Come si è cercato di evidenziare attraverso l’analisi del caso della terra del tuono, per porre fine a questa lunga belligeranza sarà fondamentale intervenire concretamente sulle costanti che negli ultimi decenni hanno permesso la riproduzione delle ostilità in Colombia. Solamente restituendo dignità a chi ha vissuto la guerra e inserendo positivamente nelle dinamiche nazionali i settori più vulnerabili della società, sarà possibile iniziare a ricostruire un tessuto sociale profondamente lacerato da oltre mezzo secolo di conflitto. Un cammino necessariamente graduale, che in parte dovrà coincidere con l’inclusione di quelle regioni abitate da un’umanità invisibile, storicamente relegata alla violenza e all’oblio.
Bibliografia citata e di riferimento
(tutti i link si intendono consultati l’ultima volta il 7 ottobre 2021; la foto di copertina è di Kobby Mendez)
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Note
1 Cfr. l’infografica di Migración Colombia, Venezolanos en Colombia (giugno 2020).
2 Cfr. Jurisdicción especial para la paz (Jep), Sistema Integral solicita a la Defensoría del Pueblo adoptar una resolución defensorial que trace hoja de ruta para poner fin al asesinato de líderes sociales y excombatientes de las Farc-EP, comunicato n. 46 del 2021.
3 Cfr. Instituto de estudios para el desarrollo y la paz (Indepaz), Informe de Masacres en Colombia durante el 2020 y 2021, ottobre 2021.
4 Cfr. Comisión interamericana de derechos humanos, Observaciones y recomendaciones. Visita de trabajo a Colombia; Human rights watch, Colombia: Brutalidad policial contra manifestantes.
5 Cfr. Departamento administrativo nacional de estadística, Información Pobreza monetaria nacional 2020.
6 Cfr. Unidad para las víctimas, Víctimas conflicto armado.
7 Cfr. Unidad para las víctimas, Consulta por Dirección Territorial.