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Nostra patria è il mondo intero sul «manifesto»

In occasione della prima presentazione di “Nostra patria è il mondo intero”, il numero 66 di «Zapruder», è uscita sul «manifesto» una recensione di Michele Colucci.
La riportiamo integralmente.
Buona lettura!

«Zapruder», se la nostra patria è il mondo intero

Michele Colucci

L’esperienza storica della decolonizzazione ha rappresentato una delle novità più deflagranti dell’età contemporanea. Soprattutto a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, nel giro di pochi anni, è caduto un assetto che per lungo tempo aveva inciso in profondità su ogni aspetto della vita sociale, politica ed economica dei territori coinvolti, a partire dai luoghi della colonizzazione per arrivare fino ai contesti da cui i progetti coloniali erano partiti, finendo per contaminare l’intero scenario globale. Gli studi storici si sono occupati e si continuano a occupare con grande intensità della decolonizzazione, affrontata ormai a partire da molteplici punti di osservazione: i soggetti protagonisti, i conflitti, l’impatto sulle generazioni successive a quelle direttamente interessate, la complessità dei processi di indipendenza, le ideologie coinvolte, le conseguenze dirette e indirette, vicine e lontane ai contesti dove il fenomeno si è prodotto, fino a tante altre piste quali la dimensione di genere, l’ambiente, le migrazioni, solo per citare alcuni ambiti di ricerca particolarmente attivi nel periodo più recente.

A PARTIRE dallo scoppio dei conflitti legati alla decolonizzazione, la parola d’ordine dell’antimperialismo ha funzionato in tutto il mondo come forza di mobilitazione e di aggregazione, capace di sprigionare energie destinate a incidere non solo nella forma della solidarietà internazionale ma arrivando a trasformare anche le realtà sociali, politiche culturali lontane dai contesti coloniali, con ricadute importanti fin nel cuore dell’Europa e dell’Italia. Proprio all’Italia è dedicato il numero 66 della rivista Zapruder, curato da Sofia Bacchini, Andrea Brazzoduro e Giulio Fugazzotto, intitolato Nostra patria è il mondo intero. Un nutrito gruppo di studiose e studiose si confronta nei saggi presenti nel numero con i luoghi, i contesti e gli attori dell’antimperialismo italiano. Il punto di partenza condiviso dai curatori e dalla curatrice è la necessità di indagare le strategie dei soggetti attivi nelle lotte contro l’imperialismo rivolgendo l’attenzione ai movimenti «dal basso»: collettivi, comunità locali, associazioni, che dagli anni cinquanta agli anni ottanta del Novecento hanno scelto l’impegno internazionalista e antimperialista come base delle rispettive attività e iniziative.

ATTRAVERSO le numerose esperienze analizzate, emerge un quadro articolato e variegato, che ci permette di comprendere come il punto di vista dell’antimperialismo abbia sviluppato percorsi vivaci e creativi, capaci di spaziare dalla musica alla solidarietà politica, dalle raccolte di fondi al boicottaggio, coinvolgendo territori e soggettività in grado di contaminare in modo esteso il panorama politico e culturale. Guardando oggi a una stagione così ricca, balzano agli occhi due grandi questioni. La prima: la penetrazione dei linguaggi dell’antimperialismo ha supportato in modo molto forte il processo di sprovincializzazione della società italiana. L’antimperialismo ha permesso l’apertura al mondo di tanti contesti locali, che senza quell’occasione avrebbero probabilmente conosciuto la prospettiva globale solo nella modalità imposta dall’imminente svolta neoliberista. La seconda: in un mondo dominato dall’incombenza della guerra, del riarmo e di forme vecchie e nuove di colonialismo è quantomai opportuno tornare a frequentare le stagioni raccontate da Zapruder. Non per riproporre formule e progetti che hanno vissuto il loro tempo, ma per capire che nella storia sono esistite alternative, sorprese, scarti improvvisi che bisogna saper cogliere con tempestività. Lo hanno fatto in tante e tanti, anche in Italia, di fronte a eventi distanti e lontani: si può fare anche oggi, raccogliendo le suggestioni di cambiamento, vicine e lontane, che non mancano.

(Pubblicato su «il manifesto» dell’8 aprile 2025)

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