Il nuovo numero di «Zapruder», “Anime in pena” (guarda l’indice qui), vuole analizzare in che modo e secondo quali traiettorie i soggetti sottoposti a determinati trattamenti disciplinari, la comunità civile e i movimenti sociali abbiano contribuito alla sopravvivenza, alla riforma, al superamento o all’abolizione dei differenti regimi e dispositivi di pena, coercizione o correzione.
Poiché ci occupiamo di storia e storie, ma viviamo anche noi qui e ora, per accompagnare l’uscita di questo numero pubblichiamo – in tre puntate – un contributo di I.B. che analizza l’intreccio tra carceralità, ingegneria degli spazi, operazioni infrastrutturali e colonialità nell’oppressione del popolo palestinese per mostrare come le infrastrutture abbiano costituito un pilastro fondamentale nella realizzazione e nel consolidamento del progetto europeo sionista in Palestina.
«Come si scrive mentre è in corso un genocidio?»
Infrastruttura della colonizzazione, infrastruttura della resistenza
(parte terza | la prima parte la puoi leggere qui | la seconda qui)
I.B.
Negli ultimi mesi, il genocidio in corso a Gaza ha ribadito la profonda connessione tra violenza coloniale, infrastrutture logistiche globali e razzismo sistemico. La Palestina continua a configurarsi come un terreno di sperimentazione per dispositivi di controllo globale, costituendo così un nodo cruciale per comprendere le forme contemporanee di dominio imperialista e il funzionamento di un ordine mondiale fondato su gerarchie razziali e governance securitaria. Al contempo, la resistenza palestinese continua a sfidare tali strutture di potere nei loro stessi fondamenti, dimostrando come la decolonizzazione non sia una metafora né un processo puramente simbolico, ma implichi trasformazioni materiali, conflitti e rotture radicali, configurandosi pertanto come una bussola per i movimenti di liberazione globale. In altri termini, la lotta palestinese mette in evidenza l’intreccio tra liberazione anticoloniale, abolizionismo, giustizia ambientale e autodeterminazione indigena, aprendo spazi per alleanze transnazionali e per l’immaginazione rivoluzionaria. La sezione che segue esplora queste connessioni, soffermandosi sulle pratiche di sabotaggio logistico e sulle forme di solidarietà internazionale che, dal porto di Oakland al Mar Rosso, dai lavoratori portuali europei alle comunità indigene di Turtle Island, si oppongono alla complicità globale con il genocidio, riconoscendo nella resistenza palestinese un orizzonte politico imprescindibile per la costruzione di un mondo liberato dalle logiche dell’imperialismo e del capitalismo razziale.
Sabotaggio Logistico e Solidarietà Globale al Tempo dei Mostri
Il 7 ottobre 2023 i palestinesi della Striscia di Gaza hanno infranto i confini del regime carcerario che li detiene da decenni, compiendo un atto politico di ritorno simbolico alle loro terre d’origine, ancora visibili oltre le recinzioni di rete e filo spinato. La pressoché unanime condanna internazionale di tale azione mette in luce l’ipocrisia strutturale del suprematismo e del razzismo occidentale. Richiamandosi a Edward Said (1978, 1993) e Frantz Fanon (2004[1961], 2008[1952]), si osserva come l’Occidente tenda a identificarsi nelle narrazioni dei coloni, percepiti come affini e “relatable”, ovvero come proiezioni di sé e del proprio immaginario collettivo. Al contrario, la violenza inflitta alle popolazioni arabe, indigene, nere e razzializzate viene spesso ridotta a semplici statistiche o a categorie indistinte di “altro”, le cui vite sono considerate “disposable”, prive di pieno riconoscimento e attenzione, attraverso processi costanti di disumanizzazione (Ahmed, 2004; Gilroy, 2000). Questa dinamica contribuisce ad una normalizzazione inquietante della quotidianità all’interno degli insediamenti coloniali, che impedisce una riflessione critica persino di fronte a fenomeni paradossali, come l’organizzazione di rave party in prossimità di ciò che ormai si configura come un vero e proprio campo di concentramento (Al-Jazeera 2023)[1]. Se da governi e multinazionali — che continuano a trarre profitto dalla cooperazione militare e tecnologica con Israele — tale complicità non sorprende, risulta invece particolarmente inquietante l’atteggiamento di molti intellettuali e “attivisti” che, pur avendo rispettivamente costruito carriere accademiche sulla retorica della “decolonizzazione” o avendo mitizzato le lotte armate (del passato), si mostrano incapaci di sostenere la lotta di liberazione quando si manifesta concretamente, oggi, nella sua forma più radicale, e dolorosa. Come ci ricordano Tuck e Yang (2012), «la decolonizzazione non è una metafora»; essa implica trasformazioni reali, conflitti materiali e la messa in discussione di ogni forma di complicità coloniale. Questo, tra l’altro, costituisce anche un diritto sancito dalle Nazioni Unite (1982)[2], che riconosce che tutti i popoli che lottano per la sovranità, la sopravvivenza fisica e culturale, l’integrità territoriale e la liberazione dal dominio coloniale e straniero hanno il diritto legale di resistere con ogni mezzo necessario, inclusa la lotta armata. Tuttavia, il diritto internazionale, radicato nel paradigma delle democrazie liberali occidentali, continua ad essere caratterizzato da ipocrisia e doppi standard che rendono i governi occidentali non soltanto responsabili morali, ma anche politicamente complici di crimini perpetrati contro l’umanità, in Palestina come altrove[3].
Sebbene la narrazione occidentale abbia isolato il 7 ottobre dal suo contesto storico, definendolo come «l’11 settembre israeliano» (Kepel 2023)[4], alimentando nuovamente stereotipi razzisti e islamofobici che descrivono gli arabi come “barbari” (Nirenstein 2024),[5] “animali” (cfr. Mee 2023)[6] o incapaci di vivere in “democrazia” (Ned 2023)[7], l’operazione “Diluvio di Al-Aqsa” (Hamas media office 2024)[8] non è stata un evento improvviso o spontaneo. Al contrario, essa va letta come una risposta coordinata da parte di diverse forze armate palestinesi all’accelerazione della violenza coloniale israeliana – un processo che Ghantous e Joronen osservavano già nel 2022 e che, richiamandosi a Virilio (1986), avevano definito “dromoeliminazione”. Tale escalation non si limita agli oltre diciassette anni di blocco imposto alla Striscia di Gaza – che ne hanno fatto uno spazio di confinamento forzato e iper-militarizzato, abitato da oltre due milioni di rifugiati – ma comprende anche un incremento sistematico di esecuzioni extragiudiziali (Un 2025),[9] detenzioni amministrative (al-Haq 2024)[10], pratiche di tortura (Addameer 2025)[11], espropriazioni di terra (PeaceNow 2024)[12] ,demolizioni di abitazioni e infrastrutture come punizione collettiva (B’tselem 2017a)[13], gravi restrizioni alla libertà di movimento (B’tselem 2017b)[14] e attacchi da parte di coloni israeliani (Amnesty international 2024)[15], inclusi pogrom (Burston 2023)[16], perpetrati su tutto il territorio palestinese, dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo. La breccia del 7 ottobre ha quindi reso visibili i molteplici strati di violenza e carceralità, sia storici che contemporanei, attraverso cui opera il colonialismo d’insediamento; al contempo, ha messo in luce come, nonostante l’enorme supremazia tecnologica e militare di Israele, unita alla sua implacabile spavalderia e al diffuso senso di impunità, le tanto esaltate capacità di intelligence e le sofisticate tecnologie di sorveglianza non siano riuscite né a prevedere né a contenere l’insurrezione, venendo invece aggirate da milizie auto-organizzate che operano tramite tunnel sotterranei, bulldozer e droni sottratti all’esercito israeliano, parapendii a motore autocostruiti e produzione artigianale di armamenti, anche riconvertendo materiali residui dagli stessi bombardamenti israeliani (Chapman et al. 2023)[17]. Ancora oggi, le Forze di occupazione israeliane (Iof)[18], dotate tra l’altro di armi di distruzione di massa e dell’impiego di armamenti proibiti dal diritto internazionale, non sono riuscite a conseguire gli obiettivi prefissati e si trovano tuttora a fronteggiare un’instancabile resistenza armata palestinese, che continua a dimostrare sorprendenti capacità offensive e creative.
Mentre tale resistenza si sostiene quasi esclusivamente sulle proprie forze, l’attacco genocidario condotto da Israele a Gaza è sorretto da un imponente apparato militare e di sicurezza, inscritto in più ampi circuiti regionali e globali di capitale (Ziadah et al. 2025). Questi circuiti si diramano attraverso nodi transnazionali di logistica che favoriscono lo scambio di armi e tecnologie da e verso Israele, sostenendo un costante approvvigionamento di munizioni, elicotteri militari, caccia (F-15, F-16, F-35), bombe guidate, veicoli blindati, unità navali e fosforo bianco. Non sorprende, dunque, che tali flussi ripercorrano le impronte materiali della mobilità imperiale, lungo le quali le stesse potenze che hanno storicamente contribuito alla fondazione dello stato di Israele su terra palestinese continuano a garantirgli il sostegno necessario alla perpetuazione di politiche di insediamento e violenza coloniale. Gli Stati uniti restano il principale sostenitore politico di Israele, fornendo annualmente 3.8 miliardi di dollari in aiuti militari, destinati in larga parte all’acquisto di armamenti (Workers in Palestine 2025). In parallelo, aziende europee – tra cui la tedesca Rheinmetall, la britannica BAE Systems e l’italiana Leonardo – contribuiscono attivamente alla produzione e fornitura di componenti per droni, velivoli da combattimento e sistemi navali impiegati nelle operazioni militari su Gaza. L’aviazione israeliana si rifornisce inoltre di carburante per jet da conglomerati petroliferi statunitensi, mentre multinazionali come Bp e Chevron traggono profitto da accordi regionali sul gas che ignorano qualsiasi riconoscimento della sovranità palestinese, contribuendo così all’integrazione dell’occupazione coloniale all’interno delle logiche dell’economia estrattiva globale (DataDesk 2024)[19]. Con il sostegno della comunità internazionale, Israele ha sganciato, in meno di due anni, circa 100.000 tonnellate di esplosivi su Gaza (Memo 2025)[20], riducendo il territorio a quasi 50 milioni di tonnellate di macerie («Un news» 2025)[21]. Più di 100.000 palestinesi sono stati costretti a lasciare la Striscia (Duggal & Ali 2025)[22], mentre il numero delle vittime accertate supera le 62.000 persone («Al-Jazeera» 2025)[23], una cifra che, secondo diverse stime, potrebbe essere fino a tre volte superiore, considerando i numerosi superstiti ancora intrappolati sotto le rovine. Per coloro che sono rimasti, Gaza continua a rappresentare un’estensione del regime carcerario infrastrutturale coloniale, con la popolazione intrappolata all’interno della Striscia e priva di accesso ad elettricità, acqua, cibo, gas e medicinali (Burke & Tantesh 2025)[24]. A questa situazione si aggiunge il blocco sistemico dell’ingresso degli aiuti umanitari: oltre 9.000 camion risultano fermi al valico di Rafah («Bbc» 2025)[25], sul lato egiziano, bloccati dalle autorità israeliane anche grazie alla presenza attiva di sit-in, proteste, lanci di pietre e saccheggi organizzati da civili/coloni israeliani, che contribuiscono al mantenimento dell’assedio (Mee 2024a)[26].
La fluidità dell’infrastruttura globale mette in discussione ogni rigida separazione tra la geografia imperiale di una potenza coloniale e quella della sua metropoli; e così come facilita la circolazione transnazionale di materie prime, forza lavoro, tecnologie e merci, allo stesso tempo trascina indietro con sé, fino al cuore dell’impero, le forme di violenza esercitate nelle periferie coloniali. Già oltre settant’anni fa, Aimé Césaire (2000[1950]), scrittore e intellettuale martinicano, aveva individuato questo “effetto boomerang” dell’imperialismo, rilevando come il genocidio degli ebrei europei perpetrato da Hitler si fondasse su logiche di dominio che l’Europa aveva a lungo sperimentato nei territori coloniali africani e asiatici. Un’analisi ripresa e attualizzata dall’avvocata palestinese per i diritti umani Noura Erakat (2025), la quale evidenzia come i dispositivi giuridici originariamente elaborati per reprimere la popolazione palestinese stiano oggi “tornando indietro con una velocità impressionante” al centro dell’impero, venendo impiegati per reprimere il dissenso anche all’interno delle stesse democrazie occidentali. Questo è il tempo dell’interregno gramsciano, un’epoca in cui “il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri” (Gramsci 1971: 276). In questo scenario, l’impero si aggrappa con crescente disperazione all’autoritarismo e alla repressione per rimanere vivo: negli Stati uniti assistiamo ad un rafforzamento dei poteri delle forze di polizia, con l’impiego di cecchini per reprimere gli accampamenti studenteschi nelle università (Mee 2024b)[27] e l’intervento dei marines contro le proteste anti-ICE a Los Angeles (Democracy Now 2025)[28]. Anche tra gli stati che continuano a garantire legittimità politica e diplomatica ad Israele si registrano segnali di crescente repressione: nel Regno unito, in Francia e in Germania, le autorità hanno sciolto numerose organizzazioni impiegate nella lotta per la liberazione della Palestina, vietato diverse manifestazioni a sostegno di Gaza, o represso con violenza le mobilitazioni pubbliche (Solanki 2025)[29]. Chi prende parte alle proteste contro il genocidio in corso è stato frequentemente oggetto di accuse di “terrorismo”, spesso aggravate da presunti motivi razziali legati all’accusa di “antisemitismo” (Chan 2023)[30]. Paradossalmente, tali imputazioni colpiscono anche segmenti delle comunità ebraiche antisioniste, spesso denigrati come «ebrei che odiano sé stessi» (“self-hating Jews”) (Isser 2024).
Viviamo, al contempo, in un «tempo di eccezionale chiarezza» (Salamanca et al. 2024). Come suggerisce la poesia del poeta palestinese Mahmoud Darwish, The mask has fallen, tutte le maschere dell’imperialismo stanno cadendo, mentre anche l’infrastruttura coloniale progettata per l’estrazione, la circolazione e il contenimento securitario, inizia a mostrare la propria vulnerabilità. In questo contesto, assistiamo oggi alla proliferazione di una cartografia insurgente che individua proprio nella matrice carceraria dell’infrastruttura il principale campo di battaglia, concretizzandosi in picchetti, blocchi logistici e accampamenti volti ad ostacolarne la circolazione. Queste azioni si inscrivono in una storia più ampia di resistenza indigena e anticoloniale contro i regimi coloniali di insediamento, posizionando la lotta palestinese accanto ad altre battaglie indigene per la liberazione, la decolonizzazione e l’opposizione all’imperialismo, che si estendono da Turtle Island e Abya Yala fino all’Africa e all’Asia. Comunità indigene come i Coast Salish “Water Warriors” hanno raggiunto le acque del porto di Tacoma (Washington), nelle terre originarie dei Puyallup, a bordo della canoa tradizionale Nisqually, bloccando temporaneamente una nave militare statunitense diretta a Israele con un carico di armi (Yes Magazine 2023)[31].Parallelamente, il gruppo ribelle yemenita degli Houthi ha imposto un divieto di transito alle navi israeliane nel Mar Rosso, una delle principali vie commerciali mondiali, dirottando una nave presumibilmente appartenente ad un imprenditore israeliano e annunciando il blocco marittimo del porto israeliano di Haifa, accompagnato da minacce di ulteriori attacchi (Asmar 2025).[32] A sfidare l’assedio di Gaza via mare si aggiungono le iniziative della Freedom flotilla “Madleen”, i cui membri sono stati recentemente detenuti o deportati da Israele (FFC 2025).[33] Nel frattempo, Workers in Palestine (2023),[34] una coalizione di sindacati e attivisti palestinesi, coordina gli sforzi internazionali di blocchi logistici in risposta all’appello lanciato il 16 ottobre 2023, che invita i colleghi a livello globale a cessare di armare Israele. A seguito di questo appello, in Italia, nel porto di Genova, e in Francia, a Marsiglia, sindacati autonomi e gruppi di lavoratori hanno continuato a rifiutarsi di caricare armamenti destinati a Israele, sostenuti dalla mobilitazione dei compagni di Bds e dai Giovani palestinesi (Degli Innocenti 2025; Ortona 2025)[35][36]. Come conseguenza delle proteste, delle azioni legali e delle pressioni dal basso, il transito di armi da Anversa, in Belgio, attraverso la compagnia israeliana Zim, è stato bloccato (The New Arab 2024)[37]. Analogamente, centinaia di manifestanti hanno ripetutamente bloccato il porto di Oakland (California) per opporsi al sostegno statunitense ad Israele (Democracy Now 2023)[38]. Nel Missouri, gli attivisti hanno presidiato la fabbrica Boeing, produttrice di munizioni di precisione utilizzate dall’aviazione israeliana nelle operazioni militari a Gaza (Munoz & Goodwin 2023)[39]. Nel Regno unito, il gruppo Workers for a Free Palestine ha organizzato picchetti e presidi in diverse fabbriche di componenti militari e tecnologie che supportano il genocidio, mobilitando migliaia di sostenitori (Ali 2023)[40]. Parallelamente, Palestine Action – recentemente designata come “organizzazione terroristica” nel Regno unito – ha messo in atto azioni dirette che hanno portato alla chiusura permanente di diverse sedi di Elbit Systems, il principale produttore militare israeliano, responsabile dell’85% degli armamenti in dotazione alle Forze di occupazione israeliane (Iof) (PA 2025)[41]. In Italia, azioni analoghe, seppur più simboliche, sono state promosse dal collettivo Azione Palestina contro la Leonardo («Dinamo Press» 2024)[42]. Nel loro complesso, queste lotte non si limitano ad interrompere il ciclo di collusione e complicità con il genocidio, ma si intrecciano con rivendicazioni riguardanti la restituzione delle terre indigene, la giustizia per le comunità razzializzate, la tutela ambientale, l’abolizionismo e le istanze transfemministe. In questo quadro, la Palestina, pur sostenendo le sofferenze più profonde, continua a fungere da bussola per i movimenti di liberazione globali che si oppongono al sistema carcerario del capitalismo coloniale, contribuendo così alla costruzione di un nuovo mondo che, seppur faticosamente, sta progressivamente prendendo forma.
[1] Hamas Had Not Planned to Attack Music Festival Israeli Report Says, «Al-Jazeera», 18 novembre 2023: https://www.aljazeera.com/news/2023/11/18/hamas-had-not-planned-to-attack-israel-music-festival-israeli-report-says (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[2] Importance of the Universal Realization of the Right of Peoples to Self-determination and of the Speedy Granting of Independence to Colonial Countries and Peoples for the Effective Guarantee and Observance of Human Rights, «United Nations General Assemply Resolution» 37/43 (1982): https://digitallibrary.un.org/record/40572?ln=en&v=pdf (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[3] È importante ricordare che, nel silenzio della “comunità internazionale”, da ottobre 2023 ad oggi Israele ha condotto bombardamenti ed aggressioni in Palestina, Siria, Libano, Yemen e Iran, operando in totale impunità.
[4] Kepel, Gilles, Questo Attacco è L’11 Settembre degli Israeliani e all’Occidente, «Il Corriere della Sera»: https://www.corriere.it/cronache/23_ottobre_10/questo-attacco-l-11-settembre-israeliani-colpo-occidente-db04d8ce-66d6-11ee-aea2-f54ec62808b3.shtml (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[5] Nirenstein, Fiamma, Hamasticide: Apocalyptic Barbarians at the Gates of Israel, «JNS Press+»: https://www.jns.org/hamasticide-apocalyptic-barbarians-at-the-gates-of-israel/ (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[6] Israel General Tells ‘Human Animals’ of Gaza: ‘You Will Get Hell: https://www.middleeasteye.net/live-update/israeli-general-tells-human-animals-gaza-you-will-get-hell (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[7] Democracy in the Muslim World: Remarks by Damon Wilson at Centre for the Study of Islam and Democracy: https://www.ned.org/democracy-in-the-muslim-world-remarks-by-damon-wilson-at-center-for-the-study-of-islam-democracy/ (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[8] Our Narrative… Operation Al-Aqsa Flood, «Hamas Media Press»: https://www.palestinechronicle.com/wp-content/uploads/2024/01/PDF.pdf (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[9] OHCHR: Extrajudicial Executions and Other Unlawful Use of Force in the Occupied West Bank: https://www.un.org/unispal/document/ohchr-extrajudicial-executions-and-other-unlawful-use-of-force-in-the-occupied-west-bank/ (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[10] Palestinian Human Rights Organisations on Israel’s Arbitrary Arrests, Enforced Disappearance, Inhumane Treatment and Torture of Palestinians: https://www.alhaq.org/advocacy/22912.html (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[11] Israel Occupation Attempts to Kill Imprisoned Palestinian Political Leaders. Statement by the Commission of Detainees’ Affairs, Palestinian Prisoners’ Society (PPS) and Addameer for Prisoner Support and Human Rights Association: https://www.addameer.org/news/5566 (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[12] The Government Declares 12,000 Dunams in the Jordan Valley as State Lands: https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://peacenow.org.il/en/state-land-declaration-12000-dunams&ved=2ahUKEwjbhObenvSNAxXNgf0HHebcH8EQFnoECBYQAQ&usg=AOvVaw2SdQaoa4xdqTJcaud4z1re (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[13] Home Demolition as Collective Punishment: https://www.btselem.org/punitive_demolitions (ultimo accesso 15 giugno 2025 ).
[14] Restrictions on Movement: https://www.btselem.org/freedom_of_movement (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[15] State-Backed Deadly Rampage by Israeli Settlers Underscores Urgent Need to Dismantle Apartheid: https://www.amnesty.org/en/latest/news/2024/04/state-backed-deadly-rampage-by-israeli-settlers-underscores-urgent-need-to-dismantle-apartheid/ (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[16] The Pogrom Against Palestinians That Brought the Occupation Home to Jewish Israelis: https://www.haaretz.com/opinion/2023-03-19/ty-article-opinion/.premium/the-pogrom-against-palestinians-that-brought-the-occupation-home-to-jewish-israelis/00000186-f983-d711-a9de-fdebab2b0000 (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[17] Chapman, Isabelle, Audrey Ash, Daniel Medina & Allison Gordo, Homemade Rockets and Modified AK-47s: An Annotated Look at Hamas’ Deadly Arsenal, «Cnn»: https://edition.cnn.com/2023/10/13/middleeast/hamas-weapons-invs (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[18] Nel linguaggio indigeno e decoloniale, le cosiddette “Forze di difesa israeliane” (Idf) vengono frequentemente rinominate “Forze di occupazione israeliane” (Iof). Tale riformulazione mette in discussione la legittimità del concetto stesso di “difesa” quando invocato da un esercito occupante, e sottolinea il persistente esercizio di sfollamento, controllo e violenza sistemica nei confronti delle popolazioni indigene.
[19] Israeli Crude and Fuel Supply Chains: https://docs.datadesk.eco/public/976ce7dcf00743dc/ (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[20] Israel Dropped 100,000 Tones of Explosives Over Gaza, Wiped out 2,200 Families: Media Office: https://www.middleeastmonitor.com/20250508-israel-dropped-100000-tons-of-explosives-over-gaza-wiped-out-2200-families-media-office/ (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[21] Gaza: Destruction of Vital Lifting Gear Halts Thousands Buried Under Rubble, «United nations news»: https://news.un.org/en/story/2025/04/1162491 (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[22] Duggal, Hanna & Mariun Ali, Israel-Hamas Ceasefire: What’s Left of Gaza and It’s People, «Al-Jazeera», 16 gennaio 2025: https://www.aljazeera.com/news/2025/1/16/israel-hamas-ceasefire-whats-left-of-gaza-and-its-people#:~:text=Some%2011%2C160%20people%20are%20missing,times%20since%20the%20war%20began (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[23] Deaths from Israel’s Attacks on Gaza Close to 62,000 as Missing Added, «Al-Jazeera», 3 febbraio 2025: https://www.aljazeera.com/news/2025/2/3/gaza-death-toll-rises-close-to-62000-as-missing-added (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[24] Burke, Jason & Malak A. Tantesh, Gaza on Brik of Catastrophe as Aid Runs Out And Prices Soar, Groups War, «The Guardian», 27 aprile 2025: https://www.theguardian.com/world/2025/apr/27/gaza-on-brink-of-catastrophe-as-aid-runs-out-and-prices-soar-groups-warn (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[25] UN Says Gaza in ‘Cruellest Phase’ of war as 9,000 Trucks Worth of Aid Ready at Border, «Bbc news», 23 maggio 2025: https://www.bbc.co.uk/news/live/c8repn0dv4xt?page=2 (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[26] Rocks, Looting, Protests: How Israelis Are Blocking Gaza-Bound Aid Trucks: https://www.middleeasteye.net/news/rocks-looting-protests-far-right-israelis-block-aid-trucks-gaza (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[27] Armoured Cars and Snipers: The Police Repression of Gaza Solidarity Encampments: https://www.middleeasteye.net/news/armoured-cars-and-snipers-police-repression-gaza-solidarity-encampments (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[28] Trump Sends US Marines into LA, Doubles National Guard Presence Amid Anti-ICE Protests”. Democracy Now, 10 June: https://www.democracynow.org/2025/6/10/headlines/trump_sends_us_marines_into_la_doubles_national_guard_presence_amid_anti_ice_protests (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[29] Solanki, Josephine, Disturbing Pattern of Repression is Emerging in Europe, «Al-Jazeera», 8 gennaio 2025: https://www.aljazeera.com/opinions/2025/1/8/a-disturbing-pattern-of-repression-is-emerging-in-europe (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[30] Chan, Wilfred, The Palestine Exception’: Why Pro-Palestinian Voices are Suppressed in the US, «The Guardian», 1 novembre 2023: https://www.theguardian.com/world/2023/nov/01/palestine-us-activism-firings-speech (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[31] Native Water Warriors Help Delay US Warship, in Solidarity with Palestinians, «Yes Magazine»: https://www.yesmagazine.org/social-justice/2023/11/20/israel-native-tacoma-palestine-protest (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[32] Asmar, Ahmed, Yemen’s Houthi Group Announces Naval Blockade on Israeli Haifa Port: https://www.aa.com.tr/en/middle-east/yemens-houthi-group-announces-naval-blockade-on-israeli-haifa-port/3573496 (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[33] Four Deported, Eight Detained – Israel Holds ‘Madleen’ Group Illegally: https://freedomflotilla.org/2025/06/10/our-deported-eight-detained-israel-holds-madleen-group-illegally/ (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[34] Palestinian Trade Unions Call for an End to Arming Israel: https://www.workersinpalestine.org/news/palestinian-trade-unions-call-for-an-end-to-arming-israel (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[35] Degli Innocenti, Riccardo, I Portuali di Genova Contro le Navi delle Armi, «il Manifesto» , 8 giugno 2025: https://ilmanifesto.it/i-portuali-di-genova-contro-le-navi-delle-armi (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[36] Ortona, Filippo, In Arrivo a Marsiglia Cargo di Armi per Tel Aviv, «il Manifesto», 5 giugno 2025: https://ilmanifesto.it/in-arrivo-a-marsiglia-cargo-di-armi-per-tel-aviv (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[37] Belgian Pro-Palestine Protesters Block Companies Supplying Arms to Israel: https://www.newarab.com/news/belgian-protesters-block-companies-supplying-arms-israel (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[38] Nonviolent Protest Temporary Stalls Weapons Shipment to Israel from Port of Oakland: https://www.democracynow.org/2023/11/6/headlines/nonviolent_protest_temporarily_stalls_weapons_shipment_to_israel_from_port_of_oakland (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[39] Munoz, Brian & Jeremy D. Goodwin, Protesters Block Boeing Plant in Missouri that Produces Weapons Used in Israel-Hamas War: https://www.kcur.org/news/2023-11-07/protesters-block-boeing-plant-in-missouri-that-produces-weapons-used-in-israel-hamas-war (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[40] Four Arms Factories Across the UK Blockaded in Solidarity with Palestine, «Tribune Magazine», 7 dicembre 2023: https://tribunemag.co.uk/2023/12/four-arms-factories-across-the-uk-blockaded-in-solidarity-with-palestine (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[41] Palestine Action Forces Permanent Closure of Elbit Systems Lobby Firm: https://palestineaction.org/eagle-consulting-win/ (ultimo accesso 15 giugno 2025).
[42] Azione Contro Leonardo Roma, «Dinamo Press»: https://www.dinamopress.it/news/azione-contro-leonardo-a-roma/ (ultimo accesso 15 giugno 2025).
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