Sul sito Zona Cesarini, specializzato in analisi e racconto di storie di calcio, è apparsa una bella recensione al n. 48 di «Zapruder». È a firma di Federico Castiglioni, che ringraziamo.
Tifo sportivo: una lettura scientifica sull’irrazionale
di Federico Castiglioni
Lo studio, l’analisi e la comprensione di fenomeni di massa correlati allo sport è materia ampiamente sottovalutata nel sapere comune, materia spesso e volentieri tagliata con l’accetta con superficiali editoriali o sbrigativi interventi di esponenti politici. Eppure, parlando di sport, e nel nostro paese parlando di calcio in particolare, ci si ritrova a che fare con una dimensione che riempie in vari modi le giornate di un’amplissima fascia di popolazione, non solo come attività fisica, ma come momento ludico da seguire mediante una serie di rituali non codificati variamente riconducibili sotto il termine di Tifo.
Cos’è Zapruder
Zapruder è il quadrimestrale dell’associazione Storie in Movimento, gruppo che si pone come obiettivo lo studio, l’analisi e il racconto storico dei movimenti e dei conflitti sociali, tramite un lavoro continuo di confronto multidisciplinare. La rivista, che prende il nome da Abraham Zapruder, è il risultato cadenzato e tangibile di questa opera iniziata nel novembre 2002, mirante ad offrire materiali storiografici realizzati, nei modi e nelle intenzioni, con pratiche controcorrenti rispetto al panorama di settore circostante senza per ciò venir meno (anzi) ad un valido uso di metodi scientifici di ricerca.
Particolari le modalità di lavoro della rivista, composta da una redazione eletta annualmente durante l’assemblea associativa, assemblea durante la quale chi lo voglia può presentare idee per i tre numeri di cui si discute. I e le proponenti le cui idee vengano accettate dall’assemblea iniziano un lavoro collettivo con la redazione che porta alla costruzione cooperativa delle proposte fino al momento della stampa.
La sua ultima uscita, numero 48 Tifo. Conflitti, identità, trasformazioni (Mimesis edizioni, 192 pp, 14 euro) si lancia nell’affrontare un terreno spesso minato come quello del mondo del tifo (ultras ma non solo), sviscerando sviluppo e contraddizioni parlando del passato con un occhio al futuro.
Di cosa parla
Quest’ultimo numero di Zapruder colpisce non solo per i racconti vissuti sul mondo del tifo sportivo, ma anche per lo sforzo di analizzare in profondità i vari rivoli e le molteplici implicazioni sociali, con ritratti che provano a restituire il complesso di sentimenti che questo provoca (Prima di srotolare in curva “Ti amo”, speciale racconto di un derby romano del 1983), vere e proprie ricerche scorrenti la storia del fenomeno a partire dall’inizio del XX secolo (quali ad esempio lo spaccato storico Il nero, il mulatto e il sinto. Pubblico e questioni razziali nel pugilato degli anni Venti), testimonianze dirette e approfondite inchieste di un mondo che non può esser trattato come avulso dalla società in cui viviamo, con i suoi difetti e le sue contraddizioni.
Gli autori di questo numero scrivono di vissuto, concedendosi momenti di malinconia e di rivendicazione senza cadere nello stereotipato “dei bei tempi che furono”, ma anzi, stracciando qualsiasi retorica romantica, restituiscono un quadro sul passato e sul presente del tifo sportivo assente dall’indice tematico di giornalisti e sociologi. L’esperienza reale di un mondo da loro ben conosciuto gli permette di stroncare il sentito dire con il quale troppo spesso il tema è affrontato, ponendo sul piatto questioni estremamente concrete: i vari aspetti dell’evoluzione del “non-movimento ultras” negli ultimi due decenni, le tecniche di gestione dello stesso da parte della pubblica autorità e i cambiamenti di percezione nell’opinione pubblica, la ricaduta legislativa e giuridica delle sperimentazioni relative agli eventi sportivi (si pensi anche, ma non solo, alle normative DASPO), l’impatto a livello di composizione sociale che lo sviluppo economico del football “post-industriale” ha avuto sul tifo sportivo, e al contempo la forza d’urto che quest’ultimo di nuovo ha avuto su alcuni episodi della storia recente (eclatante il caso, ampiamente sviscerato nel numero, delle guerre balcaniche e del crollo della Jugoslavia).
Capire il tifo ultrà per capire dove andrà
L’attenzione sul fenomeno del tifo è comunque sempre alta da parte dei “padroni del vapore”: lo sport in Italia dove questo si esprime in maniera più eclatante e percepibile è anche una delle maggiori industrie del paese, per quanto la sua crescita somigli sempre più pericolosamente ad una bolla di sapone. In ogni caso, l’azienda-spettacolo del pallone deve necessariamente confrontarsi con gli ondeggiamenti irrazionali dei tifosi, al tempo stesso primi spettatori e parte della commedia.
La volontà di rendere lo spettacolo allettante, e quindi vendibile, è pratica di poco più giovane (ma forse neanche) dello sport stesso, e dopo la fase del pubblico-spettatore con progressiva desertificazione dello stadio in nome delle succose trasmissioni televisive, si sta ora assistendo a tentativi di far rientrare la gente allo stadio, come affascinante fondale teatrale del match stesso. Guardando ai massimi campionati europei, questa è un’operazione già in fase avanzata in Inghilterra (patria degli hooligans, di Hillsborough e del famigerato e repressivo “modello inglese degli stadi”) e, con un percorso storico-sociale ben differente, in Germania (dove i tifosi sono dialetticamente parte del sistema delle società calcistiche in qualità di “referente autorevole”).
I primi segnali di inversione di tendenza rispetto al trend lanciato si hanno anche in Italia, dove si va verso una progressiva abolizione dell’odiata “tessera del tifoso”, ormai destinata ad evolversi in strumento di semplice fidelizzazione tra tifoso e società, e ad altre piccole concessioni di colore, quali ad esempio il ritorno dei tamburi nelle curve (mentre rimane strettissima – e arbitraria – la vigilanza su striscioni e coreografie).
Insomma, qui da noi rimangono ancora non risolte le contraddizioni tra vari orientamenti e i vari interessi, di pubblica opinione e soprattutto di classi dirigenti: la possibilità di fare pecunia tramite una rinnovata e più moderna mercificazione del prodotto sportivo (calcio, nello specifico, che ripetiamo è una vera azienda-traino dell’Italia) sfruttando anche televisivamente lo spettacolo coreografico dello stadio, contro la necessità di tenere ben imbrigliato un tifo ancora troppo indisciplinato da poter esser bombonierizzato, vuoi per la presenza a macchia di leopardo di criminalità organizzata e gruppi partitici/movimentisti interessati ad ammantarsi di retorica ultrà per far affari ed ottenere influenza, vuoi perché un trentennio di repressione esponenziale ne ha indurito gli aspetti di politicizzazione anti-sistemica, principalmente antipoliziesca, ora sempre più difficile da lavare via per ambo le parti (Forze dell’Ordine e ultras). Non un caso che a provar a riportare all’occhio dell’opinione pubblica certi casi di “malapolizia” (Aldovrandi, Magherini) siano spesso e volentieri proprio e solo gli ultras.
Leggere dei tifosi per comprendere il tifo
Il lavoro compiuto dal curatori del n° 48 è particolarmente prezioso perché è raro. Persino volendo ammettere un fine anche solo inconsciamente autocelebrativo del mondo ultrà e del tifo (ma decisamente non è il nostro caso), il valore aggiunto di questo lavoro sta nella volontà, quasi disperata, di restituire comunque un quadro diretto e chiarificatore del “non-movimento ultras”, del tifo e dei suoi aspetti endogeni, con una lucidità scientifica che troppo semplicisticamente non si attribuisce al mondo degli appassionati di sport, men che mai ai tifosi.
Un quadro che sviscera sentimenti e prospettive anche di tipo politico (in senso proprio, ovvero relative all’amministrazione del bene comune) ignorate dai più, abituati ad avere del tifo una concezione “apolitica” o al massimo cogliendola solo negli aspetti di appartenenza identitaria verso gli schieramenti di “destra” e “sinistra”, sempre con l’ottica di fondo della inesistente dicotomia “tifo sano – tifo cattivo”, summa delle semplificazioni sullo sport qui smontata pezzo per pezzo. Forse, stiamo parlando di una lettura consigliabile, se non proprio ai profani del calcio, quantomeno a chi segue il pallone senza entrar allo stadio, prima ancora che ai veterani dei gradoni. Sempre che si voglia far quello sforzo di aver cognizione di causa prima di parlare dell’irrazionale.
un ringraziamento ad Alice Corte per la pazienza e la considerazione
(in copertina: derby Roma-Lazio, 11 novembre 1984 – ancora grazie a @vivorossorosso)