L’attualità dei global ’60s: “Stati di agitazione” sul «manifesto»
Posted in: Dicono di noiIl numero 49 di Zapruder, «Stati di agitazione», è stato discusso sul Manifesto, la cui recensione riportiamo integralmente.
Il numero 49 di Zapruder, «Stati di agitazione», è stato discusso sul Manifesto, la cui recensione riportiamo integralmente.
Sguardi nuovi sul punk e gli anni Ottanta: non solo (e non tanto) riflusso, ma nuovi circuiti transnazionali di attivismo giovanile e impegno politico. Archivio dei movimenti e Zapruder ne parlano a Roma il 20 novembre.
Ieri ci ha lasciato Mauro Valeri, autore di uno Zoom sul numero 48 di Zapruder. Lo ricordiamo pubblicando il suo articolo online, rendendolo fruibile per tutti e tutte.
La questione climatica è ormai al centro del dibattito anche in Italia e, con essa, Greta Thunberg è diventata un simbolo. Sverker Sörlin riannoda i fili della cultura ambientalista nord europea.
L’esperienza zapatista costituisce un esempio stimolante di un’organizzazione collettiva che si sottrae alla mercificazione capitalista e alla politica statale. Jérôme Baschet riflette su quel che può essere una politica dell’autonomia.
Su Facebook continuano le chiusure di pagine solidali con il Rojava e si apre finalmente un ripensamento critico dello strumento. Seconda puntata con @zeropregi
Wolfram Kuck recensisce il n. 49 di «Zapruder» e legge “la lunga storia delle lotte contro il colonialismo” come base “per una nuova concezione dell’autogoverno oltre i confini dello Stato-nazione”.
Il Rojava e la sua esperienza di lotta e autodeterminazione sono in questi giorni sotto attacco. Vogliamo dare spazio, informare e rilanciare le iniziative e gli appelli solidali con chi sta affrontando l’attacco militare turco.
Il numero 49 di «Zapruder» mira a ridisegnare la geografia politica occidentale, per includervi anche lo spazio (post)coloniale, per accendere «la miccia del materiale esplosivo riposto nel ciò che è stato»
Il numero 49 di «Zapruder» mira a ridisegnare la geografia politica occidentale, per includervi anche lo spazio (post)coloniale, per accendere «la miccia del materiale esplosivo riposto nel ciò che è stato»
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